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Un Natale in Mountain Bike

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Dal mio diario in Congo

È Natale: sono andato a celebrare la santa Messa nella comunità di Sugulu. Il capo della comunità mi ha invitato perché là la messa della Natività non era celebrata da molti anni, e perché sono presenti nella missione di Kitutu quattro padri. Parto in mountain bike alle sette del mattino passando sul sentiero della vecchia pista aerea della missione, di terra battuta, per arrivare al ponte sul fiume Elila, che ha correnti impetuose e un ponte con le assi traballanti e sbriciolate che fanno venire le vertigini come sui ponti di liane.

La pista aerea e la strada hanno ai bordi file di palme, che producono noci da olio tutto l'anno. C'è ancora poca gente lungo il sentiero, la gente inizia ad uscire dalle sue casette o capanne, situate ai bordi della strada. La fatiscente strada è tutto un saliscendi, meglio un sentiero sassoso e fangoso con canali di erosione ed avallamenti acquitrinosi.

In discesa devo stare attento di non slittare nelle frenate. Il tratto di salita prima del dispensario e la chiesetta dei  protestanti norvegesi la faccio a piedi perché troppo ripida e non voglio sforzarmi troppo all'inizio del viaggio. Passata la missione protestante di Nyamibungu incontro i fedeli che ritornano a casa dopo il recital natalizio notturno. Un giovane che portava ancora la corona di cartone sul capo ed il mantello azzurro regale ha gridato "Arriva Erode".

Io gli ho risposto "Buon Natale". Passo ruscelletti senza scendere dalla sella, evito pozzanghere, in altri casi devo scendere dalla bicicletta perché la strada è impraticabile e fare l'equilibrista è da ingenui per il rischio di trovarsi a mollo in qualche buca. Cammino sui ponti fatti da tronchi uniti, coperti di terriccio o su passerelle di tronchi e di sassi cercando di non mettere il piede in fallo e scivolare perché tengo la montain bike in spalla.

Nell'avvallamento acquitrinoso sono costretto a scendere ed accompagnare la bici cercando di tenere i piedi sullo stretto sentiero di terra fuori dall'acqua e la bici nei solchi lasciati dalle ruote dei camion. In cinque minuti sono fuori dal pantano mentre con la Land Rover e il "tirefort" a volte con p.Silvano ci abbiamo impiegato mezz'ora.

Attraverso il villaggio di Mitobo dove le persone girano attorno le loro capanne per spazzare i depositi delle caprette che la notte hanno dormito di fianco alle pareti delle capanne. Iniziano le faccende della giornata con l'andare a prendere l'acqua al fiume. Sembrano tutte scene e personaggi di un presepe animato. Devo evitare con le ruote della bici le anatre che attraversano la strada coi loro anatroccoli per non danneggiare la povera gente che mangia la carne saltuariamente.

Qualcuno si meraviglia di vedere un europeo "Muzungu" in mountain bike che loro chiamano "Kinga popote" la bicicletta che passa dappertutto senza mai bucare, forse per una grazia del cielo o i grossi copertoni. Un ragazzo mi dice "quella bici diventerà nostra!". Dico a me stesso "In Africa anche una bici può fare invidia".

La domenica a Sugulu c'è sempre gente che ha qualcosa da vendere e si incomincia ad incontrare persone che vanno al mercato o alla chiesetta perché hanno visto arrivare il padre è si passano la voce. Quando arrivo battono il vecchio cerchione di una ruota di una jeep come tocco di campana. Mi tolgo la tuta infangata nello stanzino della sagrestia e mi metto i pantaloni puliti per non sporcare il camice.

Hanno costruito il presepe di fianco l'altare una piccola capanna di frasche come sanno costruire loro dentro la chiesa capannone, come se fosse un gioco di scatole cinesi. Gesù continua a nascere ancora nella povertà, riconosciuto dai poveri, che lo accolgono con danze ed al ritmo dei tamburi, ed è ancora una speranza per i semplici che vivono solo del necessario. Nell'omelia ricordo che Gesù è la luce che splende per coloro che camminano nelle tenebre del male, che Dio ci ha amato tanto da darci suo Figlio Gesù per condividere la nostra vita.

La chiesetta è piena di cristiani; alcuni hanno fatto quindici chilometri a piedi dai villaggi di Kibe e Lolowe per assistere alla Messa di Natale. Si sono messi in cammino come i pastori di Betlemme per vedere gli avvenimenti che il Signore gli ha fatto conoscere. I bambini curiosi guardano dai vani delle finestre la nostra assemblea ed ascoltano il canto di festa che cantiamo attorno al presepe "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà".

Gli anziani dopo Messa mi ricordano i nomi dei "padri ya zamani": i padri del passato e ci scambiamo gli auguri di buon Natale



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