Svuotarsi per accogliere
Una storiella buddhista narra di un uomo molto colto che voleva incontrare un monaco famoso per la sua saggezza. Un giorno decise di andarlo a visitare. Il monaco lo accolse e gli chiese che cosa desiderasse da lui.
L’uomo colto e il tè del monaco
L’uomo colto gli disse che voleva imparare tutta la sua saggezza, così da diventare famoso come lui. Dopo averlo ascoltato, il monaco gli offrì del tè. Cominciò a versargli del tè nella tazza e in pochi istanti la tazza fu piena e subito uscì sul tavolo. L’uomo colto volle reagire, ma si trattenne, pensando che il monaco si sarebbe reso conto, ma quello, imperterrito, continuò a versare. Allora, l’uomo colto non seppe trattenersi e disse: “Non vede che la tazza non solo è già piena, ma addirittura il tè si è spanto sul tavolo?”. Rispose il monaco:
“Allo stesso modo come puoi pretendere che io ti insegni qualcosa della mia saggezza se la tua testa è già piena?”
Accoglienza vuol dire fare spazio, è svuotarsi per permettere al nuovo, al diverso, all’altro di entrare e cambiarmi. Accogliere il diverso da me è difficile, accogliere chi non la pensa come me è difficile. Così pure accogliere, cioè dare tempo, offrire una parola a un anziano, a uno straniero, a un malato. Insomma, il diverso mi fa paura, può essere una minaccia, o addirittura un nemico. Se pensiamo in questa maniera, significa che il cuore è strapieno di egoismo, di cattiveria, di invidia, di superbia. Non c’è posto per l’altro.
Vuoto non è assenza o mancanza
Invece, solo un cuore svuotato di egoismo, di sospetto, di cattiveria, di invidia può ricevere e aprirsi al confronto, alla differenza, alla crescita umana e cristiana. Più ci svuotiamo dal nostro egoismo e più possiamo ricevere e riempirci della grazia di Dio. Solo una mano vuota si può aprire per accogliere e stringere la mano dell’altro.
Vuoto non è solo assenza, mancanza di qualcosa. Vuoto è disponibilità ad accogliere, far posto in noi all’altro.