Storie di coraggio e condivisione
P. Luigi Paggi, originario del lago di Como e missionario in Bangladesh da oltre 40 anni, ci ha inviato due belle storie, quasi incastonate una nell'altra e unite dal filo d'oro del coraggio e della condivisione. Oltre che dalla provenienza geografica, la provincia di Sondrio.
Il dottor Marco Pedeferri, mezzo valchiavennasco e mezzo valtellinese, è rientrato da poco dal Bangladesh dove, per la terza volta consecutiva, ha svolto un importante servizio medico in una delle zone più dimenticate di questa nazione, al confine con l’India e a pochi chilometri di distanza da Calcutta. Lo ha fatto anche se, dopo l’attentato del 1° luglio, pochi italiani hanno avuto il coraggio di avventurarsi in Bangladesh.
Per la terza volta…
In questa zona abbandonata, i servizi medici sono molto carenti. L’unica struttura sanitaria è un piccolo ambulatorio-dispensario gestito dalla comunità islamica. Una volta alla settimana un medico viene a dare un’occhiata ai pazienti affetti da diabete.
Il dottor Marco a metà gennaio era di nuovo in ambulatorio con una valigia piena di medicine distribuite gratuitamente ai pazienti di cui si occupava ogni mattina fino al primo pomeriggio. A un tiro di schioppo dell’ambulatorio c’è la mia piccola missione, dove da anni, nella tribù dei munda, si cerca di fermare la pessima tradizione di far sposare le figlie a 12-13 anni di età. Le ragazzine della tribù sono chiamate a ribellarsi ai genitori e a fuggire da casa per evitare un matrimonio forzato e prematuro.
La missione offre loro ospitalità e la possibilità di andare a scuola.
Dallo stetoscopio ai tubi idraulici
Il nostro pediatra trascorreva tutti i pomeriggi nel lavoro, spesso fino a sera inoltrata, per portare migliorie alla nuova casa da lui disegnata l’anno scorso. Abbandonato lo stetoscopio, i suoi strumenti sono stati quelli del falegname e dell’idraulico.
Dopo tanto lavoro, il salone multifunzionale della missione gode ora di due eleganti scaffali: uno per la sistemazione del materiale audiovisivo e l’altro per la provvigione idrica. Infatti, nella nostra zona, uno dei problemi più spinosi è quello dell’acqua potabile. Dal sottosuolo si estrae solo acqua salata, per cui l’unico modo per avere accesso all’acqua dolce è quello di raccoglierla durante la stagione delle piogge. Il dottor Marco ha provveduto a un serio impianto di canaline e contenitori, risolvendo il problema e addossandosi tra l’altro tutte le spese dell’impianto.
Quando si scriverà la storia di questa piccola missione, il nome del dottor Marco Pedeferri dovremo scriverlo a caratteri d’oro!
Una sorella maggiore
Anche Marina Buzzetti di San Giacomo Filippo è stata tra noi per la terza volta. Si è fermata quasi due mesi, instaurando una profonda amicizia con le ragazzine “ribelli” ospitate alla missione. Non è stata con le mani in mano. Ha spiegato loro le nozioni più elementari di pulizia e igiene. Ne ha guarito parecchie dalla scabbia, una delle malattie più diffuse. Ha insegnato inglese alle ragazze che frequentano le superiori.
Ma il ruolo più importante è stato quello di sorella maggiore, prendendosi cura di loro. Ecco quanto ha scritto Minoti Munda, la prima ragazza fuggita da casa a 12 anni: “Sono stata con Marina per più di un mese. E lei si è presa cura di noi in tutti i sensi. Ha instaurato rapporti di profonda amicizia e ci ha insegnato tante cose utili. Per me poi è stata come una sorella maggiore. Non la dimenticheremo facilmente”.
Per Marina adesso si dovrebbe scrivere: “Dalla foresta del Sunderban al Mar Mediterraneo”! Infatti, nei prossimi mesi si prenderà cura dei migranti che dalla Libia arrivano in Italia. Ma noi, poi, l’aspettiamo di nuovo qui nella foresta del Sunderban!