Quarta puntata: un testimone racconta
Mario Carraro, caro amico dei saveriani, di Mestre, fin dal 1967 è entrato nella storia della casa saveriana di Zelarino. Ci ha lasciato la sua testimonianza.
Un giorno mi è arrivata una telefonata del cappellano di Zelarino. Mi chiedeva di preparare i ragazzi a sostenere l’esame di ammissione al liceo. I superiori cercavano un insegnante di educazione fisica. Ho accettato la proposta e da quel momento è iniziato il mio impegno che continua tuttora, anche se in modo diverso (i ragazzi non ci sono più).
A scuola, in parrocchia e alla radio
Oltre all’educazione fisica, li ho aiutati anche nella musica, cantata e suonata. Poi si sono intensificati i contatti con la parrocchia di Carpenedo a Mestre, soprattutto nella partecipazione all’attività culturale e a Radiocarpini.
Nel 1972 la scuola è diventata Istituto magistrale e mi è stato chiesto di cercare dei docenti che coprissero tutte le discipline del corso di studi. Ho trovato altri colleghi che si sono messi a disposizione.
Dal 1984, si è trasformato in liceo psicopedagogico. Poi tutto è terminato nel 1988.
Ma non mi sono limitato all’attività scolastica. I saveriani sono stati coinvolti nella vita diocesana, soprattutto in Radiocarpini, con una trasmissione settimanale sulla stampa missionaria e anche attraverso interviste a missionari di passaggio.
Una vita condivisa con i saveriani
Quando c’è stato il trasferimento della comunità saveriana nell’attuale casa, dietro al Centro Urbani, mi sono dato da fare per salvare il salvabile (organo, libri…) e per sistemare la biblioteca
Ciò che ha inciso profondamente nella mia vita è stata la condivisione dell’ideale missionario e il rapporto personale con i saveriani e i ragazzi.
La mia famiglia (mia figlia è stata battezzata nella chiesa dell’Istituto), la parrocchia, la corale, la partecipazione alla beatificazione e canonizzazione di san Guido Conforti sono stati momenti che mi hanno riempito di gioia e che ho condiviso con loro.
Soprattutto, rivedere tanti ragazzi, ora diventati missionari, che vengono a trovarmi e mi raccontano le loro gioie e speranze, mi fanno sentire ancora giovane e uno di loro.