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Nella Calcutta di Madre Teresa

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Hanno risposto all’appello della Pontificia Unione Missionaria per un viaggio di esperienza e testimonianza missionaria nella Calcutta di Madre Teresa nove "cercatori di verità", dei quali tre provenivano dai seminari, due dai movimenti ecclesiali, un sacerdote e due laiche volontarie del Centro Missionario di Iglesias (CA), accompagnati da p. Vito Scagliuso.

Dall’aeroporto di Calcutta, stretti come sardine, abbiamo potuto raggiungere in ambulanza dapprima la Comunità delle Suore di Santa Teresa, poi la residenza dei fratelli di Mansatala nel cuore della città. L’ora e mezza di viaggio ha permesso al gruppo di lanciare uno sguardo al paesaggio verde e suggestivo dello Stato indiano del Bengala Occidentale, familiarizzare con il calore asfissiante e l’aria pregna del profumo di mille abitanti e che deve affrontare problemi immani.

calcutta Sotto i ponti bellissimi che attraversano il fiume Hoogly, o nascosti dietro barriere di bambù e di zinco, il primo rapido ed eloquente incontro con la povertà e con gli "ultimi" della società tanto privilegiati da Madre Teresa. Alcune corriere portano l’effige della "santa", mentre alcune "piccole matite del buon Dio" ci attraversano la strada inconfondibili nei sari bianchi con i bordi ornati di due dita d’azzurro, quasi ad indicare il cielo nascosto dietro i nembi minacciosi, di questa stagione monsonica.

Il lavoro che i nostri giovani sono venuti a svolgere a Calcutta, sacrificando parte delle vacanze, è incredibile. Ecco come, a conclusione del viaggio raccontano, le impressioni sul primo impatto con questa realtà che hanno unanimemente giudicata unica, indimenticabile e particolarmente scioccante; esperienze raccolte durante le pause settimanali che abbiamo vissuto insieme a Calcutta presso la tomba di Madre Teresa, in visita ai monumenti insigni della città o alle opere dei missionari e delle missionarie della Carità.

Noorpur e a Howrah abbiamo condiviso con i fratelli l’assistenza ai bambini handicappati raccolti sulle strade di Calcutta, centinaia di orfani, piccoli esseri strappati ai quartieri affollati della città dove chiedevano l’elemosina o rubavano per poter sopravvivere. Alcuni erano stati rinvenuti scheletriti e affamati, dopo aver rovistato nell’immondizia in cerca di qualche buccia di banana, un guscio di cocco o una guiava contesa a un topo. Altri sono del tutto privi della ragione.

A tutti abbiamo cercato di prestare amorevoli cure, lavandoli, giocando e pregando con loro.

A Mansatala abbiamo fatto l’esperienza più sconvolgente e coinvolgente del nostro viaggio. La casa che Madre Teresa ha amato di più si trova a Kalighat, il quartiere più antico di Calcutta. Qui vengono raccolti i moribondi e i malati terminali. All’entrata ti senti subito accolto dai missionari della Carità e dai volontari provenienti dai cinque continenti, con un cordiale sorriso d’intesa, senza che interrompano il loro servizio e le loro attenzioni ai malati. Questi sono adagiati su due file di brandine sistemate con ordine sulle piattaforme di cemento di qua e di là dei due dormitori che ospitano separatamente gli uomini e le donne.

Le portantine entrano ed escono dal "tempio" trasportando i nuovi malati o i cadaveri dei deceduti durante la notte. Persone scheletrite, prive di forza, ma incredibilmente serene e rassegnate, ti accolgono come se ti avessero sempre conosciuto. Ti salutano con le mani giunte e ti ringraziano per qualsiasi cosa.

Prima di darti un grembiule, la suora di Madre Teresa ti fa pregare presso una statua della Vergine dalle cui spalle scende una corona di fiori freschi. Sotto la mensola c’è un cadavere avvolto nel lenzuolo bianco in attesa di essere trasferito al fiume per la cremazione. Ti ritrovi con altri compagni a trasportare i malati anchilosati alle docce, a lavarli, ad asciugarli e a riportarli alle brandine che altri volontari hanno già pulito e rassettato.

Puoi essere assegnato al gruppo dei "lavandai" per disinfettare lenzuola, federe e pigiama nell’acqua bollente e nella calce. Nell’ampia cucina altri pelano patate e melanzane, puliscono e cuociono il riso. Nessuno pensa all’eventualità di essere aggrediti da qualche germe o di portarsi a casa un’infezione. Sembra che non sia mai successo, o forse lo si è sempre accettato come un dono. Al break i volontari si incontrano al piano superiore per prendere un tè insieme e fare una chiacchierata. Sono americani, giapponesi, finlandesi, coreani, italiani, francesi, spagnoli.

Noi ricchi Epuloni osserviamo e meditiamo. Oseremo mai convertirci?

Ci troviamo per l’ultima volta seduti sulle stuoie, come ogni giorno in preghiera. Questi missionari della Carità e le suorine di Madre Teresa "matite del buon Dio" ci hanno davvero colpito al cuore.

Che sia l’inizio di una conversione?



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