Missione e preghiera: Vita e morte per missione
Scrivendo ai cristiani di Filippi, san Paolo esprime il vivo desiderio di essere riunito a Cristo; allo stesso tempo ammette che la sua presenza può essere ancora necessaria per i suoi: "Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero cosa scegliere... Per voi è più necessario che io rimanga..." (Fil 1,21-24).
Gesù stesso, prima della sua Passione, lascia trasparire la pena che ha in cuore nel dover lasciare "i suoi", sapendo che si sarebbero trovati "tra lupi rapaci". Aprendo il cuore al Padre, eleva una commovente supplica: "Padre santo, custodiscili nel tuo nome, perché siano una sola cosa, come noi" (Gv 17,11).
Per alcuni, dunque, è necessità continuare a vivere per il bene degli altri; per altri è necessità accettare di morire, ancora per il bene degli altri. Ciò che rende santa la vita e la stessa morte è sempre questo: vivere e morire non per noi stessi, ma per gli altri.
Gesù avverte che si tratta di una vocazione molto esigente: infatti, richiede che si viva con radicalità e gratuità il suo comandamento dell'amore.
Come Gesù ha dato la vita per tutti, così coloro che egli sceglie e manda agli altri devono essere disposti a dare la vita. Diversi sono i modi in cui questo si realizza, ma si tratta sempre e comunque di essere disposti a perdere se stessi, a consumarsi nel servizio di carità che sempre comporta sacrificio, perché avvenga una "generazione spirituale".
Ci possono essere situazioni in cui il dare la vita diventa un vero e proprio martirio, ed altre invece in cui il martirio è consumato giorno per giorno, non solo impiegando senza risparmio tutte le proprie energie a servire il prossimo, ma soprattutto amando. La vita si dà amando!
Per vari motivi si può essere impediti di fare tante cose, ma se si ama intensamente e si fa della propria vita un'offerta continua a Dio, unita al sacrificio di Cristo, allora - anche nell'apparente inerzia o fallimento, e nella stessa morte - si dà frutto di santità, si genera Cristo nelle anime e si diventa veramente cooperatrici e cooperatori della salvezza.
Teresa di Lisieux, consumata dalla malattia, mentre si preparava al cielo, disse: "Io non penso molto alla beatitudine che mi attende. Una cosa sola mi fa battere il cuore: è l'amore che io riceverò e quello che potrò donare".
Gioia di potersi donare senza misura: ecco la "vera verità" dell'amore. Beato il cuore il cui battito è sincronizzato con il battito infinito del cuore di Dio!