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Credere vuol dire prestare l'assenso del nostro intelletto a chi ci parla e ci manifesta un fatto, ci svela una verità di cui non abbiamo l'evidenza. E questa fede puramente umana, figlia della parola dell'uomo, è indispensabile, perché è il vincolo delle nostre relazioni sociali. Anche nello svolgimento della vita naturale l'uomo deve necessariamente vivere di fede e questa necessità noi dobbiamo riconoscerla come una felice necessità.

E se la fede puramente umana è il fondamento della vita domestica e sociale chi oserà rigettare la fede soprannaturale, fondamento della religione, e nel tempo stesso bisogno della nostra intelligenza e del nostro cuore? Se noi non esitiamo a prestare fede alla parola di una persona che reputiamo onesta e veritiera, alla parola della scienza che ci svela bene spesso verità di cui non giungiamo a comprendere tutta l'estensione, perché si oserà rigettare la fede soprannaturale che in nome di Dio ci svela verità consolanti e sublimi, ma di gran lunga superiori alla capacità della nostra ragione? La fede, infatti, è la radice d'ogni giustificazione, il fondamento di ogni altra virtù soprannaturale, l'alimento della vita cristiana. Ma non basta avere la fede per essere giustificati al cospetto del Signore, è d'uopo vivere la vita della fede che alle opere si manifesta.

È nel cuore, santuario di tutte le virtù, che ha sede la fede. Fino a che questo rimane estraneo, l'uomo potrà avere una conoscenza delle cose da credersi, e se volete anche una convinzione, ma fede giammai. La conoscenza forma il sapiente, ma non il cristiano.

La sola fede è quella che nasce dagli intimi penetrali del cuore e forma il vero cristiano. La fede è un amore che crede.



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