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L'icona della missione: Paolo, crocifisso con Cristo

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Offrire una visione plausibile della spiritualità di una persona è difficile, se non impossibile: occorre vivere a lungo insieme, condividendone pensieri ed esperienze, prove e scoperte. Ancor più per Paolo, da noi lontano nel tempo. Ci provo, seguendo lo Spirito della missione, che ha spinto l'apostolo a predicare il vangelo in luoghi nuovi.

Innanzitutto la sorgente: cos'è che "incanta" Paolo, cosa scopre? Una risposta è in Galati: "Quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti..." (1,15-16).

Dio rivela a Paolo che il Figlio abita in lui. Qualcosa che Paolo non sospettava, inabitato com'era dallo zelo per il suo popolo e per le tradizioni dei padri. Paolo scopre che al centro del suo essere c'è il Figlio di Dio, che vuole insegnargli un modo nuovo di essere e di agire.

Ma cosa vuole Cristo da Paolo? Egli è stato crocifisso, è morto. Com'è possibile sapere cosa voglia veramente? Paolo scopre proprio questo: l'interpretazione che Gesù dà alla propria morte - "Questo è il mio sangue che io verso per tutti in remissione dei peccati" - è quella giusta. Le cose stanno proprio così: "Dio non ha risparmiato il suo Figlio, ma lo ha dato per tutti noi".

Paolo scopre tante cose. Da questa conferma divina di Gesù deriva tutta una serie di scoperte, che portano alla missione. "Sono stato crocifisso con Cristo" (Gal 2,20). Un'azione avvenuta nel passato, i cui effetti durano fino al presente: sono stato crocifisso e lo sono tuttora. Quando è avvenuto questo? Quando Cristo è stato innalzato in croce, perché - come lui stesso dice - innalzato, egli attira a sé, sulla croce, tutti gli uomini. Morendo per loro li ha posti nella sua stessa condizione.

L'atto di Cristo attira a sé Paolo come un vortice, ed egli vi precipita dentro: "Vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20). Perciò Cristo diventa il principio vitale del mio essere. Paolo ci pensa spesso, perché è un pensiero troppo strano, come lo è per noi oggi.

Riflettendo, scopre l'origine della scelta di Gesù: il suo amore per noi. Scopre il dono che riceve: il suo Spirito. Scopre le implicazioni dell'intenzione di Cristo: tutti siamo morti; tutti stiamo sulla croce; avendo già subito la condanna, ora aspettiamo la risurrezione. Questa scoperta diventa spinta, urgenza dell'annuncio: far conoscere a tanti Colui che è morto per loro.

Paolo fa anche un'altra scoperta: quella della potenza divina della Parola. La Parola che il missionario annuncia in luoghi dove Cristo non è ancora conosciuto, rende presente la risurrezione nella vita di coloro che ascoltano, creando rapporti nuovi, basati sull'amore scambievole. D'altra parte, la stessa vita della comunità diventa voce forte, attraente, irresistibile nell'ambito del gruppo umano dove si trova.

Fino all'ultima tappa. Ogni spiritualità apre una via che giunge alla meta passando per diverse tappe. Anche la missione conduce Paolo per diverse tappe, fino alla consumazione piena: dagli entusiasmi giovanili alle fatiche e all'avventura di portare la fede in mondi nuovi, ai contrasti con altri modelli di fede e di missione, alle persecuzioni e al rischio di morte, fino a vedere e desiderare che le comunità si facciano responsabili dell'evangelizzazione, continuando la sua opera, ma anche lasciandolo indietro...

Paolo passa per tutte queste tappe, fino ad affrontare il passo supremo: il martirio. Per lui è fonte di gioia, perché così glorificherà Cristo: "come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia". E anche perché sente che lo spirito della missione sarà sempre ricco nella chiesa che vivrà dopo di lui: "Anche se il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sull'offerta della vostra fede, sono contento e ne godo con tutti voi. Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me" (Fil 1,20; 2,17-18).

Si potrebbe dire che è tutto qui: "caritas Christi urget nos - la carità di Cristo ci spinge". Ma questa bella spiritualità di Paolo deve essere vissuta; solo così può essere compresa, assaporata, gioita.

PAOLO E NOI: per un'applicazione missionaria
  • 1. Ho mai pensato che anch'io potrei parlare dell'amore di Cristo alle persone che conosco, e che forse hanno bisogno di una parola di speranza?
  • 2. Quanto mi sforzo di vivere alla presenza di Cristo, di percepire il suo desiderio che tutti siano salvati e felicità?
  • 3. Ho fiducia nella potenza della Parola: quella detta a voce e quella vissuta?


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