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Insieme, missionari e sacerdoti

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Anche quest’anno abbiamo avuto l’opportunità di celebrare la festa del Saverio insieme al vescovo di Ancona e ai sacerdoti della diocesi. È un’occasione di incontro, preghiera, scambio e riflessione. Molti sono i sacerdoti che hanno risposto all’invito: la nostra chiesa era piena, giovedì 4 dicembre. Preti giovani e anziani insieme, come in coro, abbiamo celebrato l’Eucaristia.

È un appuntamento gradito da tutti, che rafforza i legami tra i missionari e la chiesa locale di Ancona-Osimo, dove siamo presenti da molti anni (a Poggio San Marcello dal 1925 e in città dal 1947). Era presente anche il superiore p. Rosario, che ha presentato la comunità saveriana ai sacerdoti presenti e ha parlato loro della nostra missione oggi.

L’autunno e la primavera

Padre Rosario ha colto l’occasione per invitarci a ringraziare il Signore per tutto ciò che egli continua a compiere, pur nella debolezza dovuta all’età, al numero, alla stessa epoca in cui viviamo. E nonostante il calare delle vocazioni missionarie. Le vocazioni, infatti, sono sempre segno di vitalità: se vengono meno nell’emisfero nord, i frutti si vedono nell’emisfero sud: sono frutti del vangelo seminato. La nostra famiglia missionaria si rallegra di questi doni.

In effetti, lo Spirito Santo agisce in modo a noi misterioso. Se da una parte sperimentiamo l’autunno, dall’altra notiamo la primavera e la vita nascente. Le due stagioni s’intrecciano e invitano alla speranza: Dio non viene mai meno alla sua alleanza.

Segni di vitalità missionaria

Ne è prova anche la riscoperta della vocazione missionaria dei laici. Il “laicato saveriano”, ad esempio, è una realtà nata circa vent’anni fa a Salerno e poi sorta anche ad Ancona: è come una pianta che cresce e si diffonde; è un altro modo per vivere la missione e il carisma di san Guido Conforti.

Altri segni positivi sono il Cem (Centro educazione alla mondialità), iniziato dai saveriani oltre 60 anni fa a Parma, e il dialogo interreligioso portato avanti nella comunità saveriana di Desio, a cui collaborano i laici saveriani, organizzando incontri di riflessione e preghiera con i giovani musulmani pakistani.

Il museo d’arte cinese ed etnografico di Parma è uno dei migliori in Italia; rinnovato e apprezzato, il museo viene visitato da scuole e gruppi. Inoltre,​sempre nella casa madre dei saveriani a Parma, c’è un reparto di infermeria dove sono assistiti i confratelli malati, reduci dalle missioni. È un luogo di grande testimonianza del dono totale alla missione fino all’ultimo, dove i nostri anziani sono assistiti in famiglia da confratelli e volontari amici.

Tutti questi esempi ci dimostrano che non possiamo perdere la speranza e lo stupore: perché ci accorgiamo che dopo l’autunno arriva la primavera. E sappiamo che in mezzo c’è l’inverno, cioè la nostra conversione, per poter cogliere la vita nuova.

Un linguaggio più attuale

L’arcivescovo mons. Edoardo, nella sua omelia, si è soffermato sull’indole missionaria della chiesa. Discostandoci da questa indole, corriamo il rischio di perdere la nostra vera identità. Dobbiamo perciò chiederci, con quale linguaggio noi oggi annunciamo il vangelo. Soffermandosi su questa questione, il vescovo ha richiamato una frase del concilio sulla necessità di rendere attuale il linguaggio con cui annunciamo Cristo ai contemporanei.

Ha poi invitato tutti a collaborare affinché si respiri sempre più un’aria missionaria in tutte le nostre parrocchie. Infine, ha ringraziato la comunità saveriana per la testimonianza e il servizio che rende alla chiesa di Ancona e di tutte le Marche.

La giornata si è conclusa con un pranzo fraterno, perché “è bello e gioioso stare insieme tra fratelli!”.



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