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I tempi sono davvero cambiati? Con i giovani, Friuli e Indonesia

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Vi racconto volentieri qualcosa di ciò che ho fatto per gran parte della mia vita di sacerdote e missionario. Sono diventato prete il 14 ottobre 1967 nella chiesa del mio paese Gonars. Mio desiderio era di partire subito per l'Indonesia, ma nel giugno del 1968 i superiori hanno deciso di mandarmi a Udine per l'animazione missionaria vocazionale tra i ragazzi. E lì sono rimasto fino al 1974. Sono stati sei anni molto belli, di attività intensa.

Meravigliosi anni settanta

2008 3 Ciroi2Non erano ancora i tempi del secolarismo e della globalizzazione. Nel nostro Friuli si respirava una religiosità tradizionale e profonda. Il missionario era accolto con entusiasmo nell'ambito giovanile, scolastico e parrocchiale. Mi riferisco in particolare a elementari e medie, perché il mio lavoro si svolgeva soprattutto tra i ragazzi dagli 8 ai 18 anni. Pre-adolescenza e adolescenza sono tappe importanti nella vita di una persona!

Non si trattava di fare una promozione vocazionale per attirare ragazzi in seminario, ma di favorire un'apertura al mondo e alle altre culture. Il discorso vocazionale veniva spontaneo, in un secondo momento. Ricordo la disponibilità con cui mi accoglievano le famiglie dei ragazzi che avevano manifestato il desiderio di dedicarsi alla "missione". Erano pochi i genitori che ostacolavano i figli. I dubbi si riferivano all'età ancora instabile: "E se dopo esce dal seminario?", era l'obiezione più comune che mi sentivo dire!

Lavoravamo in gruppo con gli animatori del seminario diocesano e di altre congregazioni. Ogni inizio d'anno scolastico i nostri seminari erano pieni! È consolante constatare che una buona percentuale di questi ragazzi è arrivata alla meta e ora molti di loro lavorano in terra di missione.

Nel mosaico indonesiano

Mi sembra che in Friuli, come in tutto l'occidente, le cose siano molto cambiate. I seminari sono chiusi e i sacerdoti sono sempre meno, tanto che sono sempre più numerosi i sacerdoti provenienti dal "terzo mondo", chiamati alla guida delle parrocchie. "Tempi diversi", si dice. Non so se dipenda solo da questo. Vivendo in un mondo lontano non posso giudicare. Ma sinceramente mi pare che altri valori o "non valori" abbiano preso il sopravvento e si sia meno attenti alla voce dello Spirito.

Da trent'anni mi trovo in Indonesia. Ho sempre avuto la fortuna di lavorare tra i giovani, come assistente universitario e formatore dei catechisti e, negli ultimi dodici anni, come animatore vocazionale. Ho avuto occasione di avvicinare paesi, culture e ambienti del complesso mosaico indonesiano: una nazione con circa ottocento etnie con lingue e culture diverse. Considerata l'esigua minoranza dei cristiani, l'Indonesia come vocazioni si colloca tra i primi posti nella chiesa.

Un messaggio per tutti

La mia esperienza in Indonesia è molto diversa da quella in Friuli. Si può dividere in due momenti. Il primo è stato caratterizzato dalla visita nei seminari diocesani. La vocazione missionaria nasceva soprattutto grazie alla descrizione di altri popoli e culture e alla presentazione della vita della chiesa ai seminaristi, che fino ad allora non avevano avuto modo di spaziare fuori dal loro piccolo mondo culturale.

Poi mi sono accorto che questi orizzonti bisognava soprattutto presentarli ai giovani, ben più numerosi, che vivono in un ambiente non privilegiato come il seminario, ma nella realtà quotidiana dei loro poveri villaggi. La risposta non è tardata ad arrivare. Un esempio: nell'agosto scorso ben 27 giovani, selezionati tra oltre 150, sono entrati nel nostro seminario missionario.



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