“Gesuino, il neonato abbandonato dai suoi”
Il racconto del mese
Voi sapete, cari amici, che noi missionari, anche se ci troviamo qui in Italia o in patria, il nostro pensiero quasi sempre vola ai cristiani che abbiamo lasciato in terra di missione, e anche nei nostri scritti, omelie e preghiere, quasi spontaneamente parliamo di loro. E dato che si avvicina la bella festa del Santo Natale, permettetemi che vi descriva un piccolo fatto capitatomi alcuni anni fa quando mi trovavo nella periferia della metropoli Bèlem, capitale dell'Amazzonia brasiliana.
Proprio in quei giorni stavamo iniziando la Quaresima e la "Campagna della Fraternità", che quell'anno aveva come titolo: "Chi riceve un picco lo, riceve me". I vescovi brasiliani, assieme alle comunità cristiane, avevano scelto questo tema sapendo che nonostante la ricchezza, la grandezza del Brasile e l'accettazione e l'amore che le famiglie hanno per i loro bambini, più di venti milioni di bambini soffrono seri problemi di salute, sono maltrattati in famiglia, o nella società: bambini e bambine eliminati con l'aborto prima di nascere, sfruttati con lavoro pesante, con la pratica della prostituzione, o eliminati sulle strade come creature ingombranti.
Anche in parrocchia ci stavamo organizzando per vivere con intensità la Quaresima in favore "dos menores abandonados". Ma proprio all'inizio del periodo quaresimale si presentò alla porta della mia baracca l'amico Josè, offrendomi un piccolo neonato, avvolto in un asciugamano, dicendo se lo volevo crescere io, dato che lui lo aveva trovato al mattino presto deposto fuori della sua porta e non sapeva chi lo avesse abbandonato li.
Spiegai a Josè che a noi missionari non era permesso di allevare bambini e che lo accettasse lui in casa, anche se aveva già altri sei bambini. Io e la comunità di Jesus Libertador gli avremmo dato una mano per crescerlo. Josè da buon cristiano accettò la mia proposta; uscì col bambino in collo dalla mia baracca promettendo che con l'aiuto della sposa l'avrebbero cresciuto come un figlio. Gli suggerii poi di dargli come nome "Gesuino", perché come Gesù Bambino era stato abbandonato e non accettato dai suoi.
Al padre putativo piacque questo nome, infatti quando alcune domeniche dopo realizzammo il battesimo nella cappella, io stesso pronunciai la formula: "Gesuino, io ti battezzo, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo". Attualmente Gesuino ha dieci anni, è un ragazzo vispo ma educato, va a scuola e frequenta la parrocchia, ha già fatto la Prima Comunione, e naturalmente i suoi genitori d'adozione non gli hanno ancora spiegato com'è stato fortunato e perché ha l'onore di essere chiamato Gesuino.