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Convertire l’intero sistema

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Dall’intervista all’Agenzia Sir (Servizio Informazione Religiosa) di don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, a cura di Patrizia Caiffa.

In attesa della ratifica del Parlamento, condividiamo pienamente la posizione del card. Matteo Zuppi: l’accordo con l’Albania è una ammissione di fallimento per noi italiani. Non siamo stati capaci, come Paese, di accogliere dignitosamente queste persone. I numeri ci dicono che altri Stati europei accolgono più di noi. Rilancio l’appello che abbiamo fatto diverse volte al governo di istituire un tavolo nazionale sul sistema di accoglienza, perché non è vero che siamo in emergenza: fare una programmazione seria di accoglienze diffuse in tutto il territorio italiano; Accoglienza, protezione e integrazione, perché in alcune zone del nostro Paese abbiamo bisogno di gente che lavori.
C’è chi trova l’accordo una buona idea? Il problema è decidere a chi parliamo, se alla pancia o all’intelligenza delle persone. Forse la domanda che dobbiamo porci prima di tutto è: chi vogliamo essere? Questa è la classica situazione attraverso la quale spostiamo il problema, non lo risolviamo, facendo finta di non averlo. Ma lo avremo ancora perché tutti quelli che prima o poi lasceranno il centro potrebbero percorrere i famosi corridoi dei Balcani e invece di entrare dalla Sicilia entreranno da Gorizia, da Trieste... Bisogna avere un po’ più di lungimiranza e di attenzione al futuro per costruire politiche serie, rilanciando la cooperazione internazionale, altro tema importantissimo. Sono convinto che la maggior parte delle persone che arrivano non vorrebbe lasciare il proprio Paese. Invece di spendere soldi per costruire carceri in Albania spendiamoli per dare alle persone le condizioni necessarie per rimanere nel loro Paese. C’è bisogno di una conversione quasi totale di tutto il sistema.
Intanto, le tragedie non si fermano, il traffico di persone non si ferma e purtroppo non si fermano le morti di innocenti, che devono assolutamente interpellare la nostra coscienza. È doloroso pensare a chi perde la vita, senza poter capire cosa stava succedendo e nell’indifferenza generale. Credo che il nostro Paese possa prenderne coscienza. Certo, non deve essere lasciato solo, però è arrivato il momento di provare a mettere a sistema tutto: i salvataggi, l’accoglienza, accelerare i rimpatri, rilanciare la cooperazione internazionale, presidiare molto di più in loco, ridare forza all’Onu. Invece, ho l’impressione che ognuno guardi al proprio pezzettino. Il grande problema è che non c’è la volontà politica.



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