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La benedizione di una nuova croce, nel cimitero di San Ruffillo, alle porte di Brisighella (RA), domenica 24 ottobre, ha segnato il secondo anniversario della nascita al cielo di p. Eugenio Melandri (27 ottobre 2019). Dopo l’Eucaristia nella vicina chiesa di Errano, familiari, amici e amiche hanno attorniato la piccola oasi di erbe e fiori dove riposa. Tra loro l’artista Claudio Marini, amico fraterno di Melandri, la cui essenziale opera in ferro richiama lo spirito del missionario nel suo abbraccio alle persone più diverse.Eugenio Melandri, nato il 21 settembre 1948 tra le dolci colline dove ha voluto tornare per sempre, amava la Chiesa cattolica nella quale era stato battezzato ed era aperto al dialogo con persone di altre confessioni e di qualsiasi orientamento. Missionario saveriano, europarlamentare, giornalista, attivista per la pace e i diritti umani, innamorato dell’Africa, è rimasto sempre fedele all’unica sua vocazione: quella di rendere grazie alla vita, della quale custodiva una scintilla. Poco dopo aver saputo del tumore da cui era stato aggredito, aveva intitolato la festa del suo settantesimo compleanno ispirandosi alla canzone di Violeta Parra “Gracias a la vida”.Uno dei periodi più belli che ricordava erano gli anni di Vicenza, dove è inviato dopo l’ordinazione presbiterale (1974). Qui, si dispiega la parabola degli incontri che sarà una costante di tutta la sua vita. Già da allora, Eugenio lavorava per diffondere il Vangelo della pace, invitando i giovani a uno stile di vita nonviolento e ad azioni contro lo spreco, promuovendo il diritto all’obiezione di coscienza, sostenendo l’obiezione fiscale alle spese militari e il disarmo unilaterale. Tornato a Parma, p. Eugenio Melandri fonda e dirige per un decennio la rivista Missione Oggi che era un laboratorio di idee e convegni su temi sensibili e progetti. Nella seconda metà degli anni Ottanta, Melandri promuove quella che sarebbe diventata la campagna nazionale “Contro i mercanti di morte”, che portò alla legge 185/90 sulla regolamentazione del commercio di armamenti. Nel 1989, dopo grande titubanza, Eugenio Melandri accetta la candidatura alle elezioni del Parlamento europeo nelle liste di Democrazia Proletaria. Sapeva bene che avrebbe dovuto rinunciare alla missione come presbitero e religioso, ma in quel momento percepisce che era la strada da intraprendere.Da europarlamentare, annuncia nei palazzi della politica internazionale il contenuto di giustizia e di pace del Vangelo, con un linguaggio laico e a una platea più vasta e variegata. Quanti incontri (anche con Fidel Castro a Cuba), scambi, esperienze e idee partorite durante i viaggi compiuti! Nel dicembre 1992, con don Tonino Bello e il vescovo Luigi Bettazzi, è uno dei 500 che entrano nella Sarajevo assediata per condividere con la popolazione i rischi della guerra e portare un messaggio di speranza e di pace. Nel 1994, s’inaugura una nuova e feconda stagione di impegno civile nella quale opererà come coordinatore dell’associazione Chiama l’Africa e non solo. Non si contano le iniziative, le missioni, le campagne. Sotteso stava un modo inedito di intendere e raccontare l’Africa: non più il continente dolente, destinatario di aiuti umanitari, ma quello che ha enormi risorse naturali e potenzialità umane per costruire in libertà il proprio presente e futuro. A Santa Marta, nell’incontro del 2018, papa Francesco con “hai fatto bene” aveva approvato la sua scelta di intraprendere una missione nuova trent’anni prima. “È stato un sigillo sulla mia vita”, così Eugenio definiva quasi in lacrime le incoraggianti parole di Bergoglio che mettevano fine a un lungo travaglio interiore. In seguito a questo beneplacito, e anche per interessamento dell’amico don Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, un anno dopo arriva la revoca della sospensione a divinis che apre all’Eucaristia presieduta da p. Eugenio il 20 ottobre nella casa saveriana di San Pietro in Vincoli. A un’assemblea commossa aveva confidato la propria fragilità che, però, era anche la sua forza e la sua felicità nel poter ancora consacrare il pane. Un pane che andava condiviso non solo all’altare, ma nella vita di tutti i giorni. L’esistenza di Eugenio Melandri è stata sempre un vivere insieme agli altri già dall’infanzia. E ciò lo appagava. Tutte le persone che lo hanno conosciuto in profondità sanno la tenerezza del suo cuore, celata spesso dietro a un atteggiamento ironico e rude. Uno spirito aperto lo ha sempre accompagnato spingendolo a conoscere, cogliere sguardi, scambiare pensieri, aprire la sua casa a tutti. E a San Pietro in Vincoli, nella casa dove negli anni Sessanta aveva iniziato il noviziato, p. Eugenio ha ritrovato i saveriani, che percepiva come la sua famiglia. E ha detto fino alla fine quel “grazie alla vita” che è il suo testamento.                                                               Tratto da www.settimananews.it (27 ottobre 2021)



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