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Nelle fredde giornate che precedevano il Natale, noi ragazzini andavamo nei luoghi più umidi per trovare il muschio. Tonavamo a casa con le mani congelate, ma soddisfatti del risultato. La famiglia si dava da fare per avere il presepio in un angolo del salone, su un piccolo tavolo o anche per terra. Eravamo orgogliosi, ne davamo notizia e lo facevamo vedere ad amici e parenti. Il parroco bandiva un concorso e assicurava un premio al migliore, passava per visitare le famiglie e con una piccola commissione sceglieva il più meritevole.

In chiesa, poi, il presepio era un capolavoro. Un gruppo di giovani lo progettava un mese prima e ogni sera lavoravano con fantasia per la realizzazione. Nella notte di Natale, dopo la celebrazione, la comunità si radunava davanti al presepio per vedere da vicino la meraviglia dell’anno. I bambini erano curiosi e felici, indicavano l’acqua che scendeva, i giochi di luci per il giorno e la notte, le stelle e la luna in movimento, le espressioni e gli atteggiamenti dei vari personaggi, la presenza degli animali... Ma, al centro di tutto, si ammirava la grotta e gli angeli vibrarsi nel cielo. Restavamo incantati davanti a Maria, a Giuseppe e finalmente a Gesù Bambino, splendente e pieno di luce, scortato dal bue e dall’asino.

Don Giulio è stato il più famoso cappellano nella nostra parrocchia per i presepi. Li rinnovava di anno in anno con competenza e fantasia. Severino, attualmente, lo rimpiazza con l’originalità e la semplicità di un vero artista. Le sue presentazioni della natività sono per la comunità, ogni anno, una sorpresa e una luce nuova. Luciano, infine, scultore rinomato per capolavori in legno, non si è mai risparmiato, con numerosi e geniali bassorilievi della nascita di Gesù. La natività sembra sia il suo amore preferito.

Nella casa dei saveriani a Vicenza c’è la tradizione d’esporre presepi provenienti da ogni parte del mondo. Una quarantina di volontari preparano durante l’anno la mostra con entusiasmo e passione. Il presepio è annuncio missionario. Provavo emozione quando raccontavo la nascita di Gesù nei villaggi del Congo. La paragonavo al pilone, al centro della chiesetta di fango e paglia, dicevo: “Questo palo sostiene il tetto e se lo tolgo l’intera costruzione cade. Dio si è fatto uomo, per essere nostro compagno e fratello. La sua nascita è la straordinaria e bella notizia, senza il suo Natale non possiamo essere cristiani”.

Anche agli africani il presepio dice molto. Ho visto i bambini confezionare con il fango le statuette. Imitando papa Francesco, mi è spontaneo sostenere con forza: “Non lasciamoci rubare il presepio e non impediamo il diritto a ogni popolo d’accogliere Gesù nella propria cultura”.
È arricchente visitare i presepi nelle periferie del mondo, per vedere come il Natale si rinnova ancora. È gioia piena risvegliare la nostra coscienza per accogliere Gesù, fatto uomo, e i fratelli nella loro diversità. Ed è appassionante avere un cuore missionario per comunicare la notizia della sua venuta!



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