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Il compianto p. Luigi Menegazzo rivolgeva a noi missionari questa domanda: “Sono aperto al dialogo, all’incontro culturale? Quale conversione devo operare in me stesso per essere strumento di dialogo?”.

Ciò che più attira la mia attenzione, anche come saveriano, è l'urgenza del dialogo e della convivenza tra culture e religioni. Il XVI capitolo generale dei saveriani ci esorta a non nuotare in una identità sbiadita, a non perdere la bussola, in quest’epoca caratterizzata da cambiamenti, in Europa e nel mondo.

Non servono risposte semplicistiche

Nel Capitolo del 2013 si diceva: “Coinvolti nel sogno del Conforti, il primo annuncio ci riposiziona tutti!”. La regione saveriana d'Italia, da qualche anno, sta riflettendo sulla missione ad gentes qui, perché anche l’Italia è terreno di evangelizzazione.

Come saveriani, siamo chiamati a ripensare le nostre presenze. A Tavernerio (CO) si è tenuta, nel gennaio 2017, una settimana culturale, sul tema: “Missione e dialogo interreligioso in Europa. L'Islam tra paura e speranza. Prove di dialogo”. 

Gli avvenimenti legati al terrorismo, nel mondo e in Europa, alimentano la paura di fronte al diverso.  Come non essere timorosi di fronte agli attacchi terroristici in Belgio, Turchia, Bangladesh, Francia, Germania, Africa, ma anche di fronte alle guerre e alla distruzione della Siria con la morte di tanti uomini, donne, bambini?

La gente (anche i musulmani!) ha ragione ad avere paura. Uno stato d’animo creato dalle guerre “a pezzettini”. Là dove l’altro è sentito come un nemico, una minaccia, crescono i muri, i nazionalismi, ci si chiude per difendersi.

Purtroppo si trovano risposte semplicistiche e i soliti capri espiatori.

Promuovere la vita, la giustizia, la pace

Noi cristiani, però, dobbiamo contraddistinguerci per la speranza, e non lasciarci paralizzare dalla paura. Accettiamo dunque le nostre diversità (sono un valore!) così come la pluralità religiosa. Impariamo a vivere insieme, nelle scuole, nei gruppi, negli oratori. La strada è lunga, ma tante cose belle stanno già accadendo.

Oggi, infatti, c’è più fiducia, più ascolto tra le persone, cadono tanti pregiudizi. Il dialogo è finalizzato non tanto alla conversione delle anime, bensì alla promozione della vita, della giustizia, della pace.

L'annuncio del vangelo fa sì che ci accettiamo tutti come fratelli dello stesso Padre. Conosciamoci di più, c’è ancora tanta ignoranza dell’altro. Il 90% dei musulmani non conosce niente di Gesù, quanto i cristiani del Corano.

Educare all’intercultura

Come ci possiamo riposizionare, in questa situazione, noi figli di san Conforti? Penso che il nostro carisma saveriano, più attuale che mai, ci spinga ad abbracciare alcune sfide, la prima delle quali è educare all'intercultura. Se oggi abbiamo paura del diverso, di accogliere la bellezza dell’altro, è perché forse conosciamo poco la cultura di chi ci sta vicino. E allora temiamo di perdere noi stessi.

Il dialogo è uscire da sé, incontrare la diversità dell’altro, per poi ritornare se stessi ancora più arricchito, trasformato da tale incontro.

Un sogno ancora vivo

In questa realtà, il carisma saveriano è di grande aiuto, poiché contribuisce a formare la cultura della convivenza tra le diversità. E il sogno confortiano di fare del mondo una sola famiglia di fratelli diventa più nuovo, più vivo, ancora più attuale.

Ritroveremo in pienezza noi stessi nel creare fraternità, nel dialogare con le diversità di religioni, culture, pensieri e lingue.



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