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“Ciao grande!” - Il ricordo di mons. Biguzzi

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Anche il mons. è volato in cielo… Così chiamavo affettuosamente il caro vescovo Giorgio Biguzzi, che ci ha lasciato il 1° luglio. A Brescia abbiamo avuto il privilegio di conoscerlo e averlo tra noi per 4 anni. Makeni, i bambini-soldato, i ribelli, la prigionia, l’Università… erano il suo bagaglio d’esperienze che però non faceva pesare. Non era la sua storia ad imporsi in quel quadriennio (2013-2017). Si è messo accanto a noi e a 77 anni mostrava ancora la curiosità di capire come fare missione in un modo diverso, attraverso la cultura e l’editoria.

È stata una presenza vivificante, limpida e consolante. Certo, non mancava di seguire l’amata Sierra Leone, colpita dall’epidemia di ebola, ed il lungo periodo che ha portato alla nomina del suo successore. E nel 2023 in carrozzella il viaggio in Africa per partecipare all’insediamento di mons. Koroma, primo vescovo locale di Makeni dopo sessant’anni di vescovi saveriani. Non poteva perdersi un evento così importante per la sua diocesi… Una pazzia per molti, ma non per lui!   

Parlava anche con lo sguardo il mons. Incoraggiava e sapeva apprezzare un lavoro che altri quasi non considerano nemmeno. La capacità di ascolto, analisi e riflessione andavano oltre ogni titolo, non era al di sopra, ma a fianco. C’era, anche nei momenti difficili e tesi della liquidazione dello Csam, quando faceva capire senza esprimersi, quando la sua approvazione si trincerava dietro l’inconfondibile risata.
Ha scritto tanto per il giornale e anche per “Missione Oggi”, partecipava attivamente alle iniziative della comunità, offrendo sempre il suo contributo. Ha sensibilizzato i confratelli sull’importanza della stampa missionaria e saveriana in particolare. Ha sommessamente urlato che il Centro saveriano d’animazione missionaria di Brescia era un polo importante da valorizzare, perché ne ha conosciuto il lavoro e le persone. Ricordo gli occhi lucidi nel momento in cui ci ha comunicato la sua partenza per S. Pietro in Vincoli (RA), dove è stato il nostro redattore fino a che le forze fisiche l’hanno sostenuto, perché quelle intellettive erano sempre pronte ad accendersi.

Personalmente, non ha fatto mai mancare il suo sostegno di profonda umanità, sia nei mesi di transizione al giornale da un direttore all’altro, sia durante il Covid. In quel 2020 chiamava spesso per capire la situazione a Brescia. Il nostro canale è sempre rimasto aperto, tra una telefonata e un messaggio. Ed era contento di questo scambio di esperienze. “Ciao grande”, diceva prima di iniziare un discorso. Ma in realtà quello grande era lui. Ho avuto il privilegio della sua ‘amicizia’ e a febbraio, prima del suo trasferimento a Parma, gli ho fatto notare che era riuscito a partecipare ancora alla festa della Madonna del Fuoco, patrona di Forlì. “Questa è l’ultima”, mi ha risposto. E così è stato. A noi rimangono la riconoscenza e la nostalgia.



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