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Tutto cominciò con la peste

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Con l'espressione peste nera si intende l' epidemia che si diffuse in Europa nel 1346 a partire dalla Crimea con tale virulenza ed estensione da essere considerata una catastrofe simile alle due ultime guerre mondiali o alla rivoluzione francese e russa. Mai prima di allora gli uomini furono uguali davanti alla morte, portati via nel giro di poche ore, condannati a morire nella solitudine.

Sarebbe arrivata dall' Asia seguendo la via della seta. Dalla Crimea fu portata in Italia per la prima volta nel 1347 da mercanti genovesi sbarcati a Messina. Da qui si diffuse come un baleno a Genova e a Venezia seguendo la via dei commerci, tanto da far pensare a un castigo di Dio per la spregiudicatezza con cui si conducevano gli affari, poichè ebrei o saraceni l' importante era guadagnare sempre di più.

Ogni giorno erano in molti a morire, le persone incontrandosi provavano diffidenza e sfiducia le une per le altre: fu la distruzione di ogni rapporto sociale. Morivano persino gli animali, cani gatti polli conigli." L' un cittadino l' altro schifasse e quasi niun vicino dell' altro avesse cura" riferisce il Boccaccio nella prima giornata del Decamerone. Anche giuristi e religiosi non erano esenti dalla paura generale, molti chiedevano l' estrema unzione o facevano testamento.

L' agente patogeno si annida soprattutto nei ratti comuni attraverso il morso della pulce della peste. Se le pulci colpiscono i ratti delle chiaviche la malattia si diffonde sporadicamente con minore violenza, resta cioè endemica senza sviluppare una epidemia. Soprattutto dopo la morte dei ratti le pulci si trasferiscono in massa all' uomo, mentre evitano bovini, equini, camelidi; sotto i dieci gradi la pulce resta irrigidita per cui l' inverno segna un periodo di stasi e la malattia si diffonde più lentamente. Se l' infezione si propaga per sfregamento o puntura o lesione cutanea essa dà origine alla peste bubbonica così chiamata per il bubbone che si forma nel punto toccato con rigonfiamento e purulenza che può diffondersi fino alla setticemia mortale. La forma più perniciosa è quella trasmessa per via aerea attraverso la cavità rinofaringea con ansia, asfissia, distruzione del tessuto polmonare che può portare alla morte in poche ore.

medici del tardo Medioevo non conoscevano né la causa né il modo in cui la peste si diffondeva. Gentile da Foligno scrisse nel "Paradigma del soffio pestifero" che la causa era il vento pestifero caldo umido del sud o i miasmi delle paludi, aer corruptus. Altre cause venivano trovate nelle congiunzioni astrali, nel castigo divino e nelle generiche condizioni di sporcizia. Da qui la cura con cui venivano bruciati vestiario e oggetti contagiati o buttati vasi e piatti. Tra le prescrizioni veniva indicato il pane intinto nel vino, quando non si ricorreva alle panacee quali la triaca, il mitridato e i chiodi di garofano. Per chi ci credeva, tante processioni e niente sesso. Giovanni Dondi medico personale del vescovo di Milano consigliava salassi per ridurre i liquidi infetti, abluzione con aceto o acqua di rose. Carne, vino e birra erano favoriti, non così i cibi facilmente deperibili come pere e pesci. In ogni caso i provvedimenti più efficaci si rivelarono l' isolamento dei malati nei lazzaretti, la denuncia, la fuga in campagna.

Si calcola che durante la peste nera del 1347-1351 morì un terzo della popolazione dell' Europa di allora, venti milioni di abitanti su sessanta milioni con punte massime del 60% in alcune città,  praticamente oltre la metà. Durante la seconda guerra mondiale, tenendo conto delle vittime dell' olocausto e dei profughi, morì circa il 5% degli Europei, anche se in valore assoluto i morti del conflitto mondiale superano i 20 milioni della peste nera. Queste cifre rendono conto dello spopolamento verificatosi in quegli anni in Europa.

In questo secolo la cultura a SIENA ha espresso personalità come S. Caterina (nasce nel 1347 al momento dello scoppio della peste e muore nel 1380) conosciuta anche fuori città, ma anche altri religiosi importanti come S. Galgano, il beato Ambrogio Sansedoniil beato Bernardo Tolomei, e il beato Giovanni Colombini fondatore dei Gesuati. E' il periodo di massima fioritura della città con il governo dei nove, dei dieci, degli undici e dei dodici fino alla protezione di Gian Galeazzo Visconti, il ricorso al potente lontano per contenere l' espansionismo della vicina Firenze.

La peste nera arrivò a Siena proveniente da Pisa nell' aprile del 1348. Il numero dei morti viene quantificato dal cronista a 80.000. La cifra si riferisce con ogni probabilità a tutto il territorio comunale, al punto che i poteri dello Stato non possono più essere esercitati per mancanza di quorum nelle votazioni. Il che portò ad una specie di anarchia sociale, a perdita del potere statale, all' inosservanza della legge. In questa situazione valevole per tutta l' Italia solo Milano viene citata come eccezione a causa delle misure efficaci e tempestive che permisero di arginare il morbo e la sua diffusione.

BRESCIA risultò senz' altro colpita, ma non se ne ha notizia esatta. In questi anni Luchino Visconti fortifica il Castello e la Cittadella Nuova per cui la città è spaccata in due: le continue guerre e scorrerie riducono il Bresciano in una situazione disastrosa. Organizzata dai Maggi la Chiesa mostra vitalità per la presenza di forze carismatiche che hanno i punti di forza nelle Confraternite, i Terzo Ordini, i movimenti dei Flagellanti e dei Disciplini. Nel 1342 essi danno vita all' Ospedale di S. Cristoforo al Carmine affidato ai Francescani, che già gestiscono la Domus Misericordiae in aiuto ai poveri. Nel 1346 arriva l' Ordine Carmelitano sempre a ovest del Garza. Gli Umiliati contano nove case, sono presenti gli Eremitani, ma i più numerosi sono i Domenicani, circa 66 membri.

Nella città di Siena il morbo riduce gli abitanti da 50 mila a 10 mila. Viene interrotta la costruzione del mastodontico Duomo destinato a diventare la chiesa più grande della cristianità nel '300: l' attuale Duomo occupa il solo transetto della progettata cattedrale. Per la città incomincia il lento declino: l' improvviso calo di popolazione determina il fallimento delle banche e la chiusura dell' industria laniera ormai soppiantata da quella fiorentina. Il destino la porterà a lungo andare sotto i Medici di Firenze.

Fra alti e bassi la malattia si ripresenta ogni dieci-dodici anni mietendo vittime, modificando il tessuto sociale, rendendo vano ogni ordine morale e sociale. Già Matteo Villani osservava nella sua Nova Cronica che trovandosi pochi, e abbondanti per l'eredità e successioni dei beni terreni, dimenticando le cose passate come se state non fossero, si diedero alla più sconcia e disonesta vita che prima non avieno usata. Meno abitanti voleva dire più ricchezza individuale, anche perché gli appestati morivano senza fare testamento non sempre trovando notai disposti ad avvicinarsi a infettivi. Molti poi reagiscono alla brevità della vita dandosi alla pazza gioia.

La Chiesa nel Trecento uscì dalla peste più ricca in beni materiali lasciati dai morenti per assicurarsi il paradiso, ma meno popolare di prima. Incapace di dare una risposta più convincente che non fosse il solito castigo divino, non sempre era stata vicina al suo gregge nel momento della necessità. La peste nera causò lacrisi delle concezione medievale di uomo e di universo, scuotendo le certezze della fede.

Politicamente si manifestavano segni di difficoltà in Italia con il sorgere delle Signorie. Altrove la chiesa insieme all' Impero doveva confrontarsi con la nascita delle nuove nazioni, in particolare Francia e Inghilterra, impegnate nella guerra dei Cento Anni. La sede avignonese poi non poteva essere di aiuto: succube della politica francese, creava sconcerto nei fedeli, anche se si diceva nominalmente Romana perché situata nel territorio appartenente agli Angioini di Napoli, feudatari della Chiesa.

I sette Papi francesi furono tutti corretti dal punto di vista dottrinale, ma Giovanni XXII segnatamente si distinse per il fiscalismo nella raccolta delle offerte e nel conferimento dei benefici, dovendo sostenere le spese del Palazzo, amministrato ormai da guasconi, caorsini e quanto altri legati a interessi locali. Il rientro a Roma del Sommo Pontefice complicò la situazione perché i capi divennero due o tre, continuando a sussistere l' Antipapa di Avignone. Lo scisma durerà per quaranta anni fino al concilio di Costanza e determinerà una frattura all' interno della Cristianità, preludio alla Riforma Protestante.

Il movimento dei flagellanti mise in forte discussione l' autorità della Chiesa. Essi reagirono al morbo percorrendo l' Europa incappucciati, attirando folle con strane cerimonie, spogliandosi e flagellandosi pubblicamente per i propri peccati, recitando salmi e laudi. Alle donne era permesso solo di assistere, di strapparsi i capelli e urlare. Le manifestazioni degeneravano in forme isteriche e arrivavano fino ad incitare al linciaggio dei non cristiani accusati di diffondere il contagio. Nel 1349 papa Clemente V condannò il movimento che svanì quasi subito.

Altri problemi furono creati dai Fraticelli, dai quali anche i Gesuati ebbero problemi, nati come una corrente più rigorista all' interno degli Spirituali dell' Ordine Francescano nella interpretazione del tema della primitiva povertà predicata da S. Francesco. A loro si opponevano i Conventuali da sempre sostenitori della tesi dell' adattamento alle esigenze del tempo.

S. Bonaventura, generale dell' Ordine, per sedare le controversie scrisse una nuova vita di S. Francesco e redasse le "Costituzioni Narbonensi", quindi intervenne per reprimere sia gli Spirituali che i Fraticelli. Papa Giovanni XXII condannò i Fraticelli nel 1317, definendoli bizocchi oppure fratres de paupere vita. Tra l' altro dichiarò eretiche le affermazioni del Capitolo di Perugia sulla povertà assoluta di Cristo e degli Apostoli, per cui nei primi decenni del XV secolo finirono per disperdersi.

Gli Spirituali rimasti fedeli al papa confluirono nell' Ordine degli Osservanti, ma solo nel 1517 Leone X separò questo Ordine da quello dei Conventuali e lo dichiarò vero Ordine di S. Francesco. Nel 1867 essi faranno parte del Frati Minori.

LA VOCAZIONE DEL COLOMBINI.

In questo clima di violenti cambiamenti attorno al tema della povertà all'interno della Chiesa, matura la vocazione del Colombini. Ma la spinta decisiva pare sia venuta dalla situazione sociale e politica della città colpita dalla violenza della peste e dilaniata dalle lotte del consiglio dei Nove, dove all' interno della magistratura alcuni membri del Consiglio finiscono trucidati. Nel frattempo si aggiunse una disgrazia familiare, la morte del figlio dodicenne.

Egli nasce (1304 circa-1367) da nobile e antica famiglia senese, lui stesso colto e brillante, amante delle cose belle. I Colombini avevano nel proprio stemma quattro colombe bianche con una croce d' oro in campo azzurro, oggi divenuto l' etichetta del prestigioso vino "Brunello di Montalcino". Aveva casa in Piazza Postierla, e da ricco mercante di stoffe quale era si spostava da Siena a Perugia dove pure aveva negozio. Nelle cariche pubbliche occupò la maggiore, quella del Gonfaloniere e Priore del Consiglio del Popolo durante il governo dei Nove, ciò che gli permetteva di muoversi liberamente anche di notte fuori della città.

La lettura della vita di S. Maria Egiziaca, come riferito da Feo Belcari, unita agli esempi della saggia moglie Biagia maturarono lentamente in lui un cambiamento di vita tale che lo spinse a donare tutti i suoi beni ai poveri dandosi alla preghiera e penitenza. Pare che la moglie commentasse questo suo radicale mutamento con le parole: " Io pregavo il Signore perché piovesse, ma questo è un diluvio! ". Nel suo spirito di umiltà arrivò persino ad abbassarsi a svolgere per mesi i servizi più umili proprio nel Palazzo Pubblico che lo vide occupare la massima carica. Nel ritiro agreste della Certosa di Maggiano a un chilometro da Siena o presso il monastero di S. Bonda di cui era badessa Monna Paola Foresi, madre spirituale nella direzione delle anime (dove tra l' altro aveva sistemato la moglie e la figlia anche finanziariamente), egli approfondisce i temi della spiritualità del tempo convinto che non è possibile ben operare se non c' è allegrezza e vera gioia nel Signore. Egli resta lo scrittore religioso più forte del Trecento dopo S. Caterina.

Come San Francesco egli è un cantore del creato, animato da grande dedizione per i poveri, i malati di peste, i pellegrini romei che percorrevano la via Francigena diretti a Roma passando da Siena. Si sente spinto da passione severa nella lotta contro i potenti e i privilegi dell' epoca con tale forza da essere costretto con suoi 25 compagni a riparare ad Arezzo e in altre città, accusato di eresia e pericolo per l' ordine costituito. Anche per scagionarsi da queste accuse nel 1367 andò a Viterbo incontro al papa Urbano V, diretto a Viterbo di rientro dall' esilio avignonese. Commosso dalla fede spontanea e sincera di quei religiosi che agitavano ramoscelli in segno di pace li assolse da ogni sospetto e li approvò oralmente. Da allora furono detti "Poveri di Cristo o del Papa". Di li a poco il beato ormai malaticcio volle essere trasferito nel monastero di San Salvatore sul Monte Amiata dove dettate le ultime volontà serenamente spirò. Il corpo fu traslato a Siena dove è venerato nella Chiesa Nuova dell' Immacolata all' Alberino.

Egli resta un maestro di apostolato proprio nella consapevolezza della propria miseria con tendenza al pessimismo. Nelle Lettere il linguaggio del Colombini è allusivo, simbolico, ma di espressività familiare, perché il suo misticismo è popolare e semplice, lontano da immagini iperboliche. Egli parla della via del bene, di povertà, di carità e di unione e fiducia totale in Dio, ma fuori dal momento mistico soffre delle preoccupazioni del vivere quotidiano, delle incomprensione della Curia Papale e della mentalità borghese della sua città.

E' noto anche come compositore di Laudi, ma con ogni probabilità una sola è sicuramente di sua mano: "Diletto Jesu Cristo chi ben t' ama".

Al suo seguito si pone, oltre al fedele Vicenti e compagni, la cugina beata Caterina figlia di Tommaso, un cavaliere ricco e gaudente. Forse per reazione al comportamento paterno ella si unì all' opera del cugino e con altre volontarie fondò nel 1367 il ramo femminile della congregazione detto delle " Povere Gesuate della Visitazione della Madonna" con lo scopo di curare gli ammalati vivendo di elemosina. Questa Congregazione sopravvisse particolarmente a Lucca e verrà sciolta solo nel 1872.

Tra i parenti che seguirono il beato Giovanni figurano i cugini di primo grado Matteo e Lisa Colombini, questa ultima cognata di Santa Caterina da Siena. Per suo tramite la grande senese venne a contatto con la spiritualità gesuata e subito le si venne costituendo attorno un gruppo di amici e convertiti detti "Allegra Brigata", quale contrappunto ai " Pazzi di Cristo" del beato Colombini.

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