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Gli affreschi del '400

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Alla consacrazione del 1501 la chiesa era certamente affrescata nella parte absidale, dove si svolge la sacra liturgia. Qualche lacerto di quella originaria decorazione è rimasto sulla sommità dell'arco trionfale dove si intravede un JHS a caratteri gotici sotto i tratti del Giudizio Universale. Ugualmente vicino alla finestra di destra è riapparso un S. Sebastiano e sulla parete opposta un S. Gerolamo di ingenua esecuzione.

A questo periodo risalgono pure i quattro affreschi di scuola foppesca alla base dell' arco trionfale riscoperti e restaurati dal Volpi nel 1883 su iniziativa del rettore del Seminario mons. Pietro Capretti, quindi di nuovo ripuliti dall'ENAIP di Botticino nel 1980 e il 26 aprile 1999.

Sulla destra dell'arco trionfale all'interno di una elaborata cornice si può ammirare una Madonna in trono con bambino fra i Santi Rocco e Cristoforo, opera certa di Paolo da Caylina il Vecchio, detto anche Paolo da Brescia, cognato di Vincenzo Foppa, con lui attivo intorno al 1458, data del polittico di Mortara. La scelta di questi due santi si giustifica con la presenza del grave flagello della peste della quale S. Rocco era invocato come taumaturgo, e con i rischi dei viaggi in momenti di disordine e di lotte per cui si cercava la protezione di S. Cristoforo, qui rappresentato nel guado del fiume mentre traghetta Gesù bambino.

L'attribuzione al Caylina è sicura da quando è venuta alla luce una serie di ex-voto nella Cappella della Vergine in San Giovanni Evangelista, dove una Madonna col bambino reca in evidenza sul basamento del trono la data 1486 e la scritta OPUS PAULI PICTO… (RIS). Tra le due Madonne esistono infatti sorprendenti somiglianze, come la coincidenza del volto inespressivo della Vergine tra angioletti che reggono festoni e suonano strumenti musicali e poi la figura del Bambino in grembo alla madre in analogia anche con quella del polittico di San Nazaro e Celso, già assegnato al Caylina. Da notare accanto alla impostazione prospettica la ricerca del plasticismo e dello sfumato, come ben si vede nella ombreggiatura del piede e del tappeto.

Più sotto davanti a un deserto roccioso S. Girolamo penitente con il fedele leone è inginocchiato davanti alla Croce posta al centro di un paesaggio lacustre: si batte il petto con un sasso mentre la mano sinistra regge un cilicio e per terra l' anacronistico galero cardinalizio lo qualifica come dottore. A destra del Crocifisso un Vescovo col nimbo della beatitudine (non è ancora santo!) prega inginocchiato nella bianca divisa sotto un mantello camelino. L'iscrizione soprastante b JOHANNES TUSS… rimanda al beato Giovanni Tavelli da Tossignano vescovo di Ferrara, qui ricordato in qualità di redattore della Regola dei Gesuati, per la quale da movimento laicale sono diventati a pieno titolo giuridico Congregazione riconosciuta dal Papa.

Questa armonica composizione di solito attribuita al Ferramola si avvicina allo stile del contemporaneo Paolo da Caylina il Giovane per il moderato influsso del Foppa e alcuni tratti nordici nella durezza e incisività del segno. La luce e il colore invece si ispirano ai modelli veneti presenti nel Romanino o nel Moretto in una atmosfera di sfumato. Se così è, non può essere datata come le altre al 1490, ma oltre il 1510, data d' inizio della collaborazione di Paolo con lo zio Vincenzo Foppa nella cappella Averoldi del Carmine (1509).

A questo riguardo può essere utile il confronto con gli Episodi di S. Antonio abate della chiesa di Bormio, in particolare all' incontro di S. Antonio con Paolo eremita in un paesaggio simile al nostro datato 1532-33 che per il cromatismo rimanda agli affreschi di S. Giulia. Il riferimento è soprattutto alla montagna e al paesaggio dietro gli eremiti, analogamente al S. Girolamo di S. Cristo. Tenere presente anche la somiglianza del modello lacustre qui presente con il paesaggio ai piedi del Polittico di S. Nicola da Tolentino con i SS. Rocco e Sebastiano della Pinacoteca Tosio-Martinengo del Civerchio. Si notano influssi leonardeschi nello sfumato del golfo con la stessa apertura sotto il monte aguzzo. Caratteristiche le barche come i tetti dei castelli acuti e azzurri di gusto francese.

Alla sinistra dell' arco trionfale è rappresentato un compianto o lamentazione: una Madonna con Cristo deposto. La figura a sinistra con il coltello è l'apostolo S. Bartolomeo, presenza fuori contesto a ricordo della omonima cappella preesistente in loco, patrono degli scuoiatori, qui meglio dei malati di peste e di mente.

A destra è un santo indicato più sotto come B. JOHANNES …(indecifrabile in passato letto come Giovanni Pietro da Cemmo, pittore camuno a cui fu erroneamente attribuito dal Morassi nel catalogo, Roma 1939) da riferirsi ormai con certezza al beato Giovanni Colombini, iniziatore del movimento gesuata rappresentato a mani giunte con il nimbo della beatitudine (non ancora l' aureola della santità) l' abito bianco e il mantello camelino secondo la prescrizione del Papa. Poiché di solito viene rappresentato senza barba, si è fatto il nome del beato Antonio Bettini vescovo di Foligno, altra figura basilare della spiritualità gesuata, non certo comunque da paragonare al fondatore tra l'altro privo di ogni segno episcopale.

La Vergine in trono, inserita entro un arco sormontato da una Annunciazione in monocromo, tiene sulle ginocchia il Cristo morto nell'atteggiamento della Pietà. In realtà essa si rifa a modelli precedenti più antichi, impostata secondo lo schema iconografico nordico del "Vesperbild", vicina nei tratti al cosiddetto maestro di Nave nella Pieve della Mitria.

L' opera è da attribuire al carmelitano fra' Girolamo da Brescia, attivo fino al 1520 e discepolo del confratello fra' Giovanni Maria da Brescia. Ad elementi tipicamente foppeschi unisce altri derivati dal toscano Andrea del Castagno come nelle fasce bianche-grigie dell' arco e da evidenti influssi tedeschi nei tratti spigolosi dei volti: in particolare quello di Maria è impietrito in una maschera di dolore, accentuato dal primo piano del manto grigio scolpito nelle pieghe sulle ginocchia.

Il marcatol sotto-in-su mostra l'ampio soffitto a cassettoni dorati: in questa prospettiva la Vergine vista dal basso siede su un trono dall' alto schienale a tre ripiani esaltato da un conchiglia con croce. La sommità della cappella è ornata da un timpano triangolare con le statue dell' Annunciazione. Colpisce la singolare conformazione della mascella fortemente allungata del Cristo, ma anche la caratterizzazione degli altri personaggi dal taglio netto e incisivo di gusto ultramontano.


Più sotto è l'ultimo dei quattro affreschi, l' Adorazione del Bambino, pesantemente restaurato nella parte centrale occupata da un angelo pasticciato con squarci di vuoto sulla destra, vicino alla cultura di Paolo da Caylina il Vecchio.

Alle figure di Maria e Giuseppe unisce a sinistra, fuori della scena centrale, l'immagine dell' apostolo Pietro in veste di pellegrino, qui rappresentato a ricordo dell'omonimo convento di S. Pietro in Ripa, al tempo ancora presente come oratorio nell'ortaglia. Appena sopra la testa del Bambinello è percettibile un corno di bue, l'altro é stato cancellato, e  manca del tutto l' asinello.

La raffigurazione presenta analogie evidenti con quella dell'abside della Mitria di Nave, ancora legata a modelli tardo gotici come il particolare della cesta del bambino e dei volti simili di San Giuseppe e di San Pietro. Il pittore cura in particolare il bel volto di Maria che appare adorante nella velatura, oggetto degli sguardi instancabili del Bambino giacente nella culla di vimini. Un ulteriore confronto può essere fatto con il medesimo soggetto nel Santuario di S. Maria delle Grazie attribuito alla bottega del Foppa.

OSSERVAZIONI

I quattro affreschi sono espressione della pietà cristocentrica dei Gesuati: due presentano Gesù Bambino, altri due il Gesù sofferente. Maria appare in tutte le scene, salvo quella con il paesaggio lacustre. Gli altri personaggi sono determinanti per la nascita dell' Ordine come il fondatore beato Colombini e il beato Tavelli o anche al protettore della vita religiosa S. Gerolamo.

Dal punto di vista stilistico, fatta esclusione della Adorazione del Bambino, gli altri tre mostrano chiaramente i segni della nuova pittura rinascimentale. L' uso della tecnica della prospettiva è lampante nelle architetture che fanno da cornice ai troni delle due Madonne poste in bella simmetria sulle spalle dell' arco trionfale. Il plasticismo è notevole nelle pieghe del manto della Vergine della Pietà come scolpito nella pietra: una maschera di dolore è il volto di Maria, accentuato dal disegno tagliente di gusto nordico mentre regge in grembo il figlio irrigidito nella morte. Nell' altra Madonna la ricerca dello sfumato è chiara nelle ombreggiature del tappeto e del piede del San Rocco.

L' affresco più notevole resta quello col paesaggio per certe sfumature attribuito in passato dalle guide locali a Vincenzo Foppa. Esso è fuori di ogni prospettiva architettonica: la profondità viene data dalle montagne, mentre al centro è un gradevolissimo lago solcato da navi, e sulle rive castelli medievali languedoc dagli spioventi azzurri. Tutto è avvolto in una sfumata atmosfera non priva di vivaci tonalità e gradevoli contrasti in una ambientazione devota per la presenza della Croce.

Essi presentano le tre figure-base della spiritualità dell'Ordine, cioè San Gerolamo - la croce - il beato Tavelli da Tossignano. I Gesuati, come erano popolarmente chiamati, portavano anche la denominazione ufficiale di Chierici di San Gerolamo. Loro protettore  e modello era questo santo anacoreta che in Betlemme redasse la Volgata, la versione latina della Bibbia. In S. Cristo egli è presente pure sull' arco della parete ovest sopra il Mausoleo insieme ad altri santi, sempre accompagnato dal leone, e ancora nella dedica della cappella interna col titolo di ORATORIUM. S HIERONYMI sul portale marmoreo all' interno della sagrestia.

Quando nel 1565 fra' Benedetto fa ricoprire il soffitto di costoloni cordonati in vista del nuovo ciclo pittorico, rispetta questi affreschi quattrocenteschi per la loro alta qualità pittorica, ma soprattutto per la presenza delle figure basilari dell' Ordine, il fondatore beato Giovanni Colombini e il beato Giovanni Tavelli da Tossignano, autore delle Regole.


LA CHIESA ALLA CONSACRAZIONE DEL 1501

Nella zona presbiterale c'era una finestra dietro l' altare, presto chiusa per far posto alla tavola del Romanino: il suo tracciato è ancora oggi osservabile sull' esterno dell'abside. Nel catino interno a destra della Crocifissione è emersa dai restauri una testa, probabilmente di S. Giovanni ai piedi della Croce. Sicuramente essa si accompagnava ad altre pitture.L' arco trionfale aveva un JHS in stile gotico visibile tutt' ora sulla punta della ogiva, mentre le zone laterali in basso erano già occupate dai quattro affreschi di scuola foppesca.

Le note del tempo parlano della presenza di tre altari: escludendo il principale, gli altri due non potevano che essere addossati alla parete di destra. Uno di questi era quello dedicato a S. Agostino e alla Madonna facente parte del legato de' Brendulis di Vicenza che prevedeva la tomba dell' offerente oltre la celebrazione di S. Messe Perpetue per la sua anima. All' inizio della parete orientale è emerso con gli ultimi restauri un affresco di S. Sebastiano, picchettato e di ingenua fattura: al suo fianco destro un Crocifisso sostenuto da Dio Padre, tagliato dalla finestra. Nella parte inferiore poi è riapparso un affresco cinquecentesco di S. Cristoforo e S. Rocco ai lati di una croce, tagliato in alto dalla stessa finestra. Più oltre infine è il segno di una porta murata che conduceva nel rustico del convento.

La presenza del santo Sebastiano trafitto dalle frecce si spiega con il flagello della peste, lo stesso vale per il S. Rocco dichiarato protettore ufficiale dall' autorità comunale. Proprio del 1478 è la famosa peste dello zucchetto o del mazzucco con febbri lancinanti e terribili mal di testa che portavano alla morte in pochi giorni, tanto che in undici mesi fece 30.000 vittime nella sola città di Brescia. Per le sue caratteristiche alcuni studiosi dubitano che si tratti di vera peste, comunque essa fu seguita da altre nel 1481 e da quella del 1484 detta di perusia o di Perugia piuttosto virulenta al punto di costringere a chiudere le scuole e regolamentare severamente la prostituzione. Davanti a tale emergenza il Comune fu costretto ad aprire il Lazzaretto di S. Bartolomeo, bandire le processioni ed erigere una chiesa a S. Rocco per domandarne la protezione.

Con ogni probabilità il S. Sebastiano e le altre figure riscoperte furono occultati perché ritenuti ripetitivi o di fattura mediocre quando vennero eseguiti i quattro affreschi foppeschi dell'arco. Anche la parete di fronte mostra un esile S. Gerolamo picchettato davanti ad una croce. Da qui le immagini votive dovevano continuare fino al monumento Martinengo, dove sotto il pulpito è visibile una finta architettura, un bianco pilastro con capitello e trabeazione su fondo rosso, probabile cornice di altre devozioni.

Nella seconda metà del Cinquecento la pratica dei tabelloni votivi sarà abbandonata, sostituita dai cicli pittorici, per cui molti di questi affreschi votivi vennero ricoperti o cancellati in linea con le disposizioni tridentine. Nelle visite pastorali del vescovo mons. Bollani e di S. Carlo sono numerose le indicazioni tendenti a regolarizzare la devozione della cosiddetta "religiosità popolare".

Nella parte alta delle pareti sotto le capriate quattro oculi per lato servivano a dare luce alla navata insieme al rosone della facciata. Anche la fascia dell' endonartece occupata dai Padri della Chiesa era affrescata in precedenza da finte architetture come si vede in un brandello sull' angolo orientale.

Certamente era una chiesa dagli inizi umili, come descritta dal Dupfner, destinata ad abbellirsi con il concorso del popolo e della famiglia Martinengo grazie soprattutto all' iniziativa di un ardimentoso affreschista in un progetto di grande valenza teologica per il quale possiamo dire di avere in Brescia una seconda Cappella Sistina.

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