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NON ABBIAMO NESSUNO CHE CI DIFENDA, NON ABBIAMO DIRITTI, NON ABBIAMO SPERANZE

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P. Franco Sottocornola, missionario saveriano, fondatore del Centro di preghiera e dialogo interreligioso Shinmeizan (Giappone), ci invia una lettera di Matteo Cattaneo, dell’Associazione “CitizenGO”, esortandoci a dare più voce ai cristiani perseguitati. Volentieri pubblichiamo la lettera che mostra l’impegno di una delle Associazioni più coinvolte in questa campagna di denuncia e sensibilizzazione.

Ciao, p. Franco. Mentre ti scrivo, a New York il Congresso WeAreN2016 (“Siamo tutti Nazareni”) sta terminando. In questi giorni abbiamo ascoltato testimonianze impressionanti, abbiamo consegnato le firme dei nostri sottoscrittori a difesa dei cristiani perseguitati, abbiamo presentato il nuovo documentario di CitizenGO “Insha Allah - Il sangue dei martiri”; insomma, abbiamo fatto tanto per far sentire la voce dei cristiani perseguitati e per riaffermare l’importanza del diritto alla libertà religiosa presso le Nazioni Unite. Voglio condividere con te i momenti più significativi, perché in fin dei conti questo evento di CitizenGO (così come tutto ciò che facciamo ogni giorni) è stato possibile solo grazie a te e a tutti i sottoscrittori che partecipano alle nostre iniziative. Per questo, prima di cominciare, non posso che ringraziarti di cuore. Delle tantissime testimonianze raccolte durante questi giorni di lavori del Congresso, voglio riportartene alcune, quelle che mi sono sembrate più forti.

Carl e Marsha Mueller hanno partecipato alla sessione di giovedì 28 presso la sede dell’Onu, promossa assieme all’Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. La loro storia è davvero terribile: la loro figlia Kayla (di 26 anni), che lavorava in Siria in aiuto alle vittime della guerra, viene rapita dall’Isis, ridotta in schiavitù e violentata ripetutamente. “Ci dissero che l’avevano torturata, che era proprietà personale di Al-Baghdadi e che l’avevano data in sposa a quest’ultimo. Abbiamo capito subito cosa significava”. Quattro mesi prima di venire uccisa, nel febbraio 2015, Kayla ha scritto una lettera commovente ai genitori, riaffermando la sua fede e concludendo così “Non abbiate paura. Se Dio vuole, saremo di nuovo insieme”. La loro richiesta, per la comunitù internazionale, è molto semplice: “Bisogna stare uniti e trovare una soluzione a tutto questo. Dobbiamo chiedere con forza ai governi di risolvere questa situazione”.

Samia è una ragazzina yazida di 15 anni. Senza sapere una parola di inglese, senza essere mai uscita dalla sua comunità, ha trovato il coraggio di venire a New York e descrivere, tra le lacrime, come durante 6 mesi di prigionia da parte dell’Isis, a 13 anni, è stata ripetutamente violentata. “Ci facevano cose orribili. Violentavano bambine anche di 7 o 8 anni. Uccidevano le nostre mamme perché erano troppo vecchie per i loro gusti. Volevano solo le bambine per utilizzarle come schiave sessuali”. Elisa von Joeden-Forgey, esperta di Studi sul Genocidio dell'Università di Stockton, ha spiegato che “la violenza sessuale è parte integrante della tattica genocida”, perché “danneggia irreparabilmente l’individuo e la società” e, in combinazione con gli stermini e le altre volenze, mira a distruggere “non solo i corpi, ma le anime e le identità”. Samia grida aiuto: “Siamo in pericolo di essere sradicati dalla nostra terra. Non abbiamo risorse e forze per difenderci da soli”. Non far sentire sole le vittime di questo orrore, come spiega l’avvocata Jacqueline Isaac, è fondamentale per permettere loro di superarlo.

Ancora ragazze giovanissime fatte schiave dai terroristi. Sono quelle rapite da Boko-Haram. Ce lo racconta mons. Joseph Bagobiri, arcivescovo di Kafanchan, in Nigeria (paese dove sono morti circa 11.500 martiri negli ultimi 8 anni). “Boko-Haram è diventato il peggior gruppo terrorista del mondo”. Mons. Bagobiri non ha quasi più speranza di rivedere vive le circa 200 ragazze ancora nelle mani dei terroristi, perché, ci spiega, “non solo le utilizzano come schiave sessuali, ma anche come bombe suicide”. E ancora un grido di aiuto: “I cristiani nigeriani non hanno nessuno che li difenda, non hanno diritti né speranza di sopravvivere”.

Padre Douglas lo avevamo incontrato in Iraq in febbraio, quando abbiamo visitato il suo campo profughi cristiani ad Erbil. P. Douglas ha ancora speranza per la comunità cristiana irachena, a patto che si riformi profondamente la Costituzione del paese: “I politici iracheni parlano in pubblico citando il Corano e pregano nei loro interventi, (...) e la Costituzione irachena mescola principi democratici e precetti coranici”. Questo non può assicurare una convivenza pacifica quando, come sta accadendo ora, “un gruppo vuole radicare le sue idee considerando noi altri come schiavi”. Riconoscere ufficialmente il genocidio in corso è “il primo passo per porre rimedio. Se non lo chiamiamo così, non stiamo dicendo la verità”. P. Douglas è stato sequestrato dai terroristi per nove giorni: è stato torturato, gli hanno rotto il naso e i denti con un martello. Per il fatto di essere cristiano.

Sr. Maria Guadalupe, una suora argentina che sta vivendo da 18 anni in missione in Medio Oriente, crede che di tutto quello che succede in Siria e Iraq non si parla abbastanza. “Avete presente gli attentati di Parigi? Da noi cose così succedono tutti i giorni. Ma non ci sono reazioni dell’opinione pubblica occidentale”. In alcune occasioni, quando i media occidentali parlano della Siria, finiscono per manipolare i fatti: “come quando”, racconta sr. Maria Guadalupe, “è stata scambiata una manifestazione pro-Assad con una protesta contro di lui”. “Non che Assad fosse un santo, ma quello che sarebbe venuto dopo era molto peggio”.

Come commentare tutto questo? Delle tante reazioni che mi vengono in mente, una cosa è certa: dobbiamo continuare a darci da fare per difendere le vittime di persecuzioni religiose, per svegliare le coscienze dell’opinione pubblica e delle istituzioni occidentali.

Per far sentire la loro voce, come abbiamo fatto finora e come continueremo a fare, finché sarà necessario.

Ci hanno chiesto: “Non dimenticatevi di noi”. Non lì abbiamo dimenticati. E non li dimenticheremo. So che anche tu, Franco, partecipando alle campagne di CitizenGO, farai la tua parte. Voglio terminare con le parole di speranza di Eisham, figlia minore di Asia Bibi, anche lei ospite al Congresso.

Nel raccontare la storia della madre, tra le lacrime e nella commozione di tutti i presenti, ha concluso così: “So che con l'aiuto dei cristiani, mia mamma tornerà a casa”.

Grazie del tuo impegno. A presto,

Matteo Cattaneo e tutto il team di CitizenGO


P.S.: Questo evento, così come tutto il lavoro di CitizenGO, è possibile solo grazie alla generosità dei nostri sottoscrittori. Puoi vedere qui le foto del Congresso:



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