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Il Papa ha invitato i cattolici – ma anche “i fratelli e le sorelle non cattolici e non cristiani nelle modalità che riterranno più opportune” – a una veglia di preghiera e digiuno venerdì 23 febbraio 2018, per “dire no alla violenza” in Congo RD e Sud Sudan, sostenendo anche così gli operatori di pace in quelle terre. Francesco ha chiesto anche il digiuno affinché la veglia si traduca in impegno concreto per i popoli di questi due paesi.

La società civile e le associazioni di difesa dei diritti umani presenti sul territorio congolese sono molto attive. Ma la repressione del regime diventa sempre più feroce, la Chiesa cattolica, per la sua presenza capillare e grazie alla sua organizzazione, è come se avesse preso il testimone di queste organizzazioni per dare voce alle violazioni più flagranti. La repressione nel 2017 è stata così forte che la Conferenza episcopale ha reso noto un rapporto in cui si citano 56 persone uccise, durante manifestazioni o impegnate in queste associazioni, nel periodo che va da aprile a ottobre 2017.

Visto il terrore subito dalla società civile, la neutralizzazione dell’opposizione politica, la Chiesa cattolica, con il suo insegnamento sociale e impegno sul territorio, è rimasta praticamente la sola forza credibile a contrastare il regime attuale e a dare voce a chi non ha più voce. Dopo la manifestazione del 31 dicembre 2017 alcune Chiese protestanti tradizionali si sono aggiunte alla Chiesa cattolica nel suo impegno per la giustizia e la pace.

Al momento, la rottura tra regime e Chiesa cattolica è evidente. Si è superata la linea rossa. Nel Consiglio dei ministri del 15 gennaio 2018, il card. Monsengwo è stato accusato di tentata sovversione nei confronti degli interessi nazionali. Il cardinale aveva dichiarato, tra l’altro, che gli uomini politici mediocri dovevano andarsene.

In questo frangente delicato anche la Nunziatura apostolica è scesa in campo pubblicando alla fine di ogni manifestazione, delle note tecniche con indicazioni precise sul numero di vittime, feriti, chiese circondate e attaccate e altri dati. In un paese dove non c’è mai un’inchiesta veritiera su ciò che succede, questa iniziativa della Nunziatura mostra l’interesse della Chiesa universale e dà credito all’azione intrapresa dal Comitato laico di coordinamento (Clc).

Siamo dunque davanti a una situazione in cui la Chiesa è totalmente coinvolta nella difesa della dignità umana, ricordando al governo l’impegno di lavorare per il bene comune della popolazione, richiamando i responsabili al rispetto della parola data negli accordi del 31 dicembre 2016 e prima ancora della Costituzione, se si vuole ottenere credibilità dal popolo. Nello stesso tempo, l’impegno del cristiano in “politica”, assume in queste circostanze una rilevanza significativa perché mostra la qualità della fede nel Cristo risorto che ha vinto il male e la morte.

Vista la durezza della reazione del regime e la determinazione della Chiesa per far valere i diritti del popolo[1], c’è da temere che si profilino giorni difficili, di scontri e persecuzione a meno di un sussulto di ragionevolezza. Ecco perché papa Francesco vuole che si preghi per il Congo RD.

[1] L’episcopato del Congo RD ha reso pubblica la dichiarazione del 17 febbraio 2018 dal titolo: “Noi non abbandoneremo mai il nostro impegno per l’avvento di uno Stato di diritto in Congo RD”.



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