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Dopo aver trascorso tre giorni in Myanmar, papa Francesco è stato tre giorni con noi in Bangladesh (30 novembre-2 dicembre 2017). La preparazione è stata lunga e laboriosa, ma ha riguardato soprattutto gli aspetti organizzativi e tecnici. Mi dispiace dirlo, ma la preparazione spirituale e pastorale è stata scarsa. Eppure sarebbe stata una bella occasione per conoscere e assimilare lo spirito e lo stile di papa Francesco.

 Io personalmente il papa l’ho visto poco, ma l’ho seguito molto, passo dopo passo, perché mi è stato chiesto di lavorare nel “Centro Stampa” per i giornalisti locali e internazionali, che erano davvero tanti. Alle 5 del mattino, dalla Sala Stampa del Vaticano, arrivavano al mio indirizzo elettronico, già tradotti in varie lingue, tutti i discorsi di papa Francesco. Io dovevo diffonderli ai giornalisti presenti e agli organi di stampa nel mondo attraverso il sito web creato apposta per l’occasione: https://www.popebd.info.
Questo lavoro durava tutto il giorno. Per di più, dovevo stare attento quando il papa, come è solito fare, parlava a braccio: dovevo trascrivere le sue parole e mandarle in Vaticano per la versione finale, e poi divulgarle alla stampa. Ho avuto poco tempo per dormire e riposare! Ma ho svolto volentieri questo faticoso servizio, perché ha fatto conoscere le parole del papa e il Bangladesh al mondo intero.

Il primo grande appuntamento con il papa è stata la santa Messa nel parco, al centro della città di Dhaka. Dalle otto diocesi del Bangladesh sono accorse circa 80mila persone, percorrendo enormi distanze. Tanti di più avrebbero desiderato partecipare, ma non erano in grado di affrontare la spesa. Avevo lanciato un appello sulla “chat” di famiglia: donare 15 euro per consentire ai più poveri di esserci. Grazie alla risposta generosa, varie persone sono riuscite a venire.
Dopo aver trascorso la notte nelle scuole cattoliche della capitale, i pellegrini si sono diretti a piedi verso i vari ingressi del parco. Papa Francesco è arrivato puntuale alle 9,30, e ha percorso il tragitto salutando: tutti felici di avere tra loro il pastore universale con il suo sorriso e la mano benedicente.

Papa Francesco ha incontrato anche i vescovi, i presbiteri e le numerose suore che lavorano in Bangladesh. Parlando a braccio, ha detto loro di stare attenti ai pettegolezzi, che “sono come le bombe dei terroristi”. Ha incontrato i giovani, incoraggiandoli a camminare nella giusta direzione; ha rivolto loro una domanda: “Voi cosa fate, viaggiate o girovagate?”.
Ma l’incontro più bello è stato quello con i rappresentanti delle varie religioni: musulmani, hindu, buddhisti e cristiani. Tutti hanno apprezzato la visita, le parole, i gesti. Il momento culminante è stato l’incontro con un gruppo di Rohingya, profughi dal Myanmar. Il papa ha ascoltato ognuno di loro, commuovendosi fino alle lacrime. Poi ha invitato gli altri leader religiosi a dare loro un abbraccio, “perché questi sono fratelli e sorelle di tutti noi”. Ed è scoppiato un grande applauso.
Papa Francesco è riuscito a catturare i cuori di tutti con la sua spontaneità e semplicità. Non resta che imitarlo, per rendere migliore questa nostra umanità.



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