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“Uno dei frutti del Concilio fu lo sviluppo di un movimento di solidarietà internazionale che negli anni ’60 pose le basi per la cooperazione con i paesi in via di sviluppo, che avevano da poco raggiunto l’indipendenza”. Con queste parole p. Mario Menin ha riassunto il senso del convegno promosso da “Missione Oggi”, la rivista dei Missionari Saveriani di cui è direttore, tenuto a San Cristo, Brescia, il 5 maggio scorso.

Il tema del convegno “Solidarietà internazionale - Quale futuro per la cooperazione?” è stato un momento di riflessione per un fenomeno che ancora oggi non manca di accendere l’entusiasmo di giovani e meno giovani, disposti a mettere spirito di sacrificio, tempo e competenze al servizio dei paesi e delle popolazioni più povere e disagiate in Africa, Asia, America Latina ed Europa orientale. Come ha sottolineato p. Menin, lo spunto per l’organizzazione del Convegno è stata la pubblicazione del volume di Antoni Benci (tra i relatori) Il prossimo lontano. Alle origini della solidarietà internazionale in Italia (ed. Unicopli), che ricostruisce l’ispirazione ideale e spirituale da cui è nata la cooperazione internazionale.

“Quello della solidarietà internazionale è un concetto etico”, ha confermato Eugenio Melandri, ex parlamentare europeo e attuale direttore della rivista Solidarietà internazionale. “Tutti siamo responsabili di tutti. Quello che avviene nel mondo ci tocca, non ci può lasciare indifferenti”. Ha dunque ancora senso la cooperazione internazionale? Dipende, risponde Melandri: “Il mondo di oggi è globalizzato, la globalizzazione da un lato crea ricchezza, dall’altro impoverimento. La distanza tra ricchi e poveri è diminuita dal punto di vista strutturale, ma l’impoverimento si è globalizzato. Il vero problema non è la povertà, ma la ricchezza; per questo bisogna lottare per un cambiamento strutturale della ricchezza e per farlo bisogna riscoprire la politica”.

Mattia Prayer Galletti, che ha ricoperto vari incarichi all’Ifad, l’International Fund for Agricultural Development, agenzia delle Nazioni Unite, ha parlato della qualità nell’impiego delle risorse: “Nel nostro tempo - ha affermato - i fondi per la cooperazione arrivano soprattutto dopo le emergenze, ma in quelle situazioni difficili la distribuzione delle risorse rischia di non essere di qualità, annullando lo sforzo di solidarietà”.
Un’idea innovativa è giunta dall’esperienza di Franco Valenti, a lungo dirigente del servizio “Integrazione e cittadinanza” del Comune di Brescia. “Bisogna coinvolgere gli immigrati nella cooperazione internazionale, in particolare con il loro paese d’origine. Dobbiamo dare loro competenze e opportunità qui, perché possano farsi carico, in una sorta di virtuoso movimento circolare, di aiutare le comunità da cui provengono. È un lavoro difficile e delicato, ma ha già dato qualche buon risultato, ad esempio, con i pakistani di Brescia”.



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