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Inquinati dal pensiero violento

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Il 2023 si conclude in un clima di violenza e di morte con guerre e atrocità che feriscono la dignità di ogni uomo e donna. Chi vive delle convinzioni dell’umanesimo e della fede cristiana si sente minacciato da ciò che succede nei molti conflitti, perché ciò che capita a centinaia di chilometri di distanza può intossicare e persino infettare le nostre società fondate sul rispetto e sulla tolleranza. L’orrore e lo sconcerto di ciò che continuiamo a vedere non fa altro che accrescere la paura dell’altro, del diverso, dello straniero da cui bisogna difendersi. Ma la paura è sempre una cattiva consigliera soprattutto quando tende a cristallizzare le posizioni su pregiudizi nutriti da riflessioni a corto respiro. Così, invece di riflettere a come cercare soluzioni pacifiche e fraterne, si tende a schierarsi con l’uno o l’altro campo tipo tifoseria calcistica che vuole la vittoria degli uni e la sconfitta degli altri. In ogni conflitto, chi paga il prezzo più alto sono proprio coloro che, da una parte e dall’altra, sono impegnati nel dialogo, nell’aiuto reciproco, nel mutuo sostegno tra i popoli. La ricerca della pace e della concordia si fanno con quello scambio quotidiano di servizi e favori tra vicini che creano la fraternità del buon vivere. Quasi si volessero eliminare quegli operatori di pace che, all’interno di ogni popolo, credono ancora alla fraternità universale, alla ragione umana che coltiva e cura l’umanesimo garanzia di pace e prosperità per tutti. È un tempo questo nel quale bisogna proprio fare attenzione a non lasciarsi inquinare dal pensiero violento, da narrazioni semplificatrici, dal contagio di stereotipi che incasellano la realtà tra buoni e cattivi, tra noi e gli altri, tra chi è dentro e chi è fuori, perché tutte queste visioni parziali avvelenano l’opinione pubblica, facendo appello ad emozioni collettive troppo condizionate da social e mass media. La stessa idea dello scontro di civiltà è fuorviante perché ci mantiene in un registro conflittuale. È importante allora informarsi correttamente, riflettere sugli eventi, confrontarsi con altri punti di vista per evitare che la rabbia suscitata dalla paura sfoci nella violenza. Quale strada allora percorrere per uscire dal labirinto delle opinioni che si intrecciano? Un profeta italiano, mons. Tonino Bello, aveva proposto a suo tempo un principio sul quale fondare la società: la convivialità delle differenze. “La pace è convivialità; è mangiare il pane insieme con gli altri, senza separarsi. E l’altro è un volto da scoprire, da contemplare, da togliere dalle nebbie dell’omologazione, dell’appiattimento”.Alla plenaria del Dicastero per il dialogo interreligioso del giugno 2022, papa Francesco riprende questo principio: “Ogni uomo e ogni donna è come una tessera di un immenso mosaico, che è già bella di per sé, ma solo insieme alle altre tessere compone un’immagine, nella convivialità delle differenze… La convivialità unisce socialmente ma senza colonizzare l’altro. In questo senso, ha una rilevanza politica come alternativa alla frammentazione sociale e al conflitto. Incoraggio tutti voi a coltivare lo spirito e lo stile di convivialità nei vostri rapporti con le persone di altre tradizioni religiose”. Non arrendiamoci dunque allo sconforto, non sprofondiamo nel pessimismo, non isoliamoci nell’indifferenza di ciò che sta capitando nel mondo. Usiamo la ragione, pensiamo da umani, coltiviamo comprensione ed empatia, restiamo ancorati alla fede nel Signore Gesù che ha fraternizzato con tutti. La sua incarnazione nel mistero del Natale ci dona quella grazia di vivere nell’orizzonte di una convivialità universale. Buon Natale e gioioso 2024 vissuto nello stile della convivialità delle differenze.



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