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"Gruppi criminali vogliono mettere a tacere i giornalisti. Ecco perché li uccidono. Ciò è inaccettabile, anche perché sono le voci del popolo, delle comunità". Così mons. Salvador Rangel Mendoza, vescovo di Chilpancingo-Chilapa, nello Stato di Guerrero, aveva condannato in marzo l'omicidio di Cecilio Pineda Birto, reporter freelance ammazzato a Ciudad Altamirano.

Ma lo stillicidio di operatori dell'informazione non si ferma e il 15 maggio è toccato a Javier Valdez, prestigioso corrispondente da Culiacán, nello Stato di Sinaloa, del quotidiano progressista La Jornada e dell'agenzia francese France Press, nonché autore di diversi libri sul narcotraffico e sull'infiltrazione delle organizzazioni criminali nelle istituzioni.

E proprio sul potente Cartello di Sinaloa si indirizzano i sospetti circa gli autori del delitto, il sesto che abbia visto vittima un giornalista dall'inizio dell'anno (ma nel 2016 sono stati 11 e 33 dall'insediamento del presidente della Repubblica, Enrique Peña Nieto, il 1 dicembre 2012), ma per nessuno vi sono finora imputati, per cui i colleghi di Valdez hanno protestato davanti il ministero dell'Interno chiedendo giustizia.



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