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CONGO RD / I VESCOVI SONO PREOCCUPATI

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In una nota consegnata alla stampa della segreteria della Cenco (Conferenza episcopale nazionale del Congo RD) in data 13 aprile 2018, i vescovi del Comitato permanente hanno fatto il punto sull’iter elettorale del paese e le sue implicazioni sociopolitiche. I vescovi non nascondano la loro preoccupazione soprattutto in relazione alle misure previste dagli Accordi di S. Silvestro (del 31 dicembre 2016), che purtroppo non sono applicate correttamente. Prima delle elezioni, infatti, è prevista l’adozione di misure tese ad abbassare l’alta tensione sociale, come la liberazione dei prigionieri politici e il ritorno in patria di chi si era autoesiliato per motivi di sicurezza.

Preoccupazione c’è anche a proposito dell’uso della “macchina elettorale”. Per il suo buon funzionamento, è stata chiesta la certificazione nazionale e internazionale dal punto di vista tecnico e giuridico. Altro nodo da sciogliere è quello della doppia nazionalità che, se non risolto, rischia di portare a nuovi conflitti nei processi di identificazione delle persone. I vescovi sono dispiaciuti anche per la tensione crescente tra i rappresentanti della comunità internazionale e il governo del Congo RD, proprio quando ci sarebbe più bisogno di una cooperazione serena. Questa tensione si è materializzata con: la chiusura della “Maison Schengen”, istituzione internazionale europea con base nella capitale per il rilascio dei visti Schengen; l’interruzione della cooperazione tecnica con il Belgio; la riduzione dei voli di Bruxelles Airlines; il rifiuto del governo congolese di partecipare alla conferenza dei donatori per rispondere alla crisi umanitaria in Congo RD.

La Cenco rileva che tutte queste misure colpiscono soprattutto il popolo congolese. La nota della Cenco termina esprimendo inquietudine per quei preti che, ormai da tempo, sono nella mira di gruppi armati e del governo. Il vescovo di Goma, mons. Theophile Kaboy, nel Nord-Kivu, ha denunciato l’assassinio dell’abbé Etienne Sengiyumva, avvenuto domenica 8 aprile, e il sequestro di padre Celestin Ngango, avvenuto il giorno di Pasqua, 1° aprile, sempre nella  diocesi di Goma, e rilasciato il 5 aprile. È difficile, secondo mons. Kaboy,  individuare i responsabili di questa violenza perché la regione è infestata da almeno una quindicina di gruppi armati diversi e nessun inchiesta finora è riuscita a venire a capo di qualcosa. Il 10 aprile sono stati attaccati, picchiati e derubati, da una decina di uomini in uniforme militare padre Pierre Mavinga e il suo vicario nella diocesi di Boma, estremo Ovest del paese, distretto di Seka-Mbote.

Questi sono solo gli ultimi fatti di violenza registrati, che dimostrano una consuetudine ormai diffusa di violenza nei confronti di responsabili di comunità cristiane. Anche in altre parti del paese si infierisce su di loro con convocazioni giudiziarie, aggressioni e arresti. Questo fenomeno inquietante sta preoccupando i vescovi, consapevoli come sono del fatto che tutto ciò altro non è che una conseguenza della presa di posizione della Chiesa cattolica nei confronti della crisi sociopolitica che sta mettendo in ginocchio il paese. Una cosa è certa: l’aiuto che la Chiesa dà al popolo, alzando profeticamente la voce in difesa di un popolo privato dei suoi diritti, sembra non garbare a chi ha in mano il potere politico, economico e militare.



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