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PREMIO NOBEL PER LA PACE 2017

Nell’ambito delle iniziative del Festival della Pace, venerdì 2 febbraio Brescia ospita una rappresentanza di ICAN, Premio Nobel per la Pace. IL Premio è stato assegnato a ICAN per “il suo ruolo nel far luce sulle catastrofiche conseguenze di un qualunque utilizzo di armi nucleari e per i suoi sforzi innovativi per arrivare ad un trattato di proibizione di queste armi”.

Alle ore 123,nella Sala Giudici di palazzo Loggia Daniel Högsta, coordinatore del network globale di ICAN ha incontrato la stampa per illustrare l’attività e gli obiettivi di ICAN. Erano presenti il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, Francesco Vignarca (di Rete Italiana per il Disarmo), Lisa Clark (della Campagna per l’Italia di Mayors for Peace), Laura Parenza (Presidente del Consiglio Comunale e delegata per il Festival della Pace) e i rappresentanti delle associazioni e dei movimenti bresciani per la Pace, tra cui Missione Oggi.

Alle 16,30, sempre nella Sala dei Giudici, Daniel Högsta incontrerà i sindaci dei Comuni bresciani, cui saranno presentate le iniziative di Mayors for Peace, organizzazione internazionale di città attive nella promozione della pace. All’associazione, fondata nel 1982 per iniziativa del sindaco di Hiroshima, ha aderito da quest’anno anche il Comune di Brescia. I Comuni della Provincia di Brescia che finora hanno aderito sono: Acquafredda, Bagnolo Mella, Berzo Inferiore, Bienno, Bovezzo, Breno, Capo di Ponte, Castel Mella, Castegnato, Castenedolo, Cazzago San Martino, Cerveno, Cevo, Collebeato, Ghedi, Gianico, Gussago, Iseo, Malegno, Nave, Paratico, Pisogne, Ponte di Legno, Rezzato, Roncadelle, San Felice del Benaco, Vobarno.

Infine, alle 20.45 nell’Auditorium Santa Giulia, in Via Piamarta 4, avrà luogo un incontro aperto a tutta la cittadinanza, sempre con Daniel Högsta, Francesco Vignarca, Lisa Clark. All’incontro parteciperanno anche Don Renato Sacco (coordinatore nazionale di Pax Christi) e Don Fabio Corazzina (portavoce associazioni-movimenti bresciani per la Pace).

In allegato il Discorso di ricezione del Premio Nobel per la Pace letto da Setsuko Thurlow, sopravvissuta il 6 agosto 1945, quando era una bambina tredicenne, alla bomba di Hiroshima.

RICORDANDO LE VITTIME DI HIROSHIMA E NAGASAKI

Discorso di ricezione del Premio Nobel per la Pace letto da Setsuko Thurlow, sopravvissuta il 6 agosto 1945, quando era una bambina tredicenne, alla bomba di Hiroshima.

Oslo, 10 dicembre 2017

Vostra Maestà, illustri membri del Comitato Nobel norvegese, miei colleghi attivisti, qui e in tutto il mondo, signore e signori, è un grande privilegio accettare questo premio, insieme a Beatrice, a nome di tutte le persone straordinarie che formano il movimento Ican. Ognuno di voi mi da' la grandissima speranza che possiamo - e lo faremo - porre fine all'era delle armi nucleari.

Parlo come membro della famiglia degli hibakusha – quelli di noi che, per una miracolosa casualità, sono sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. Da oltre settant'anni lavoriamo per la totale abolizione delle armi nucleari.
Ci siamo alzati solidalmente con coloro che sono stati danneggiati dalla produzione e dalla sperimentazione di queste orribili armi in tutto il mondo. Persone provenienti da luoghi con nomi a lungo dimenticati, come Moruroa, Ekker, Semipalatinsk, Maralinga, Bikini. Persone le cui terre e i cui mari sono stati irradiati, i cui corpi sono stati usati per esperimenti, le cui culture sono state per sempre sconvolte.

Non ci siamo accontentati di essere vittime. Ci siamo rifiutati di aspettare un'istantanea fine ardente o il lento avvelenamento del nostro mondo. Ci siamo rifiutati di sederci pigramente nel terrore perché' le cosiddette grandi potenze ci hanno portato al passato crepuscolo nucleare e sconsideratamente vicini alla mezzanotte nucleare. Ci siamo alzati. Abbiamo condiviso le nostre storie di sopravvissuti. Abbiamo detto: l’umanità e le armi nucleari non possono coesistere.

Oggi, voglio che voi sentiate in questa sala la presenza di tutti coloro che sono morti a Hiroshima e a Nagasaki. Voglio che voi sentiate, sopra e attorno a noi, una grande nuvola di un quarto di milione di anime. Ogni persona aveva un nome. Ogni persona era amata da qualcuno. Facciamo in modo che la loro morte non sia stata vana.
Avevo solo 13 anni quando gli Stati Uniti hanno lanciato la prima bomba atomica sulla mia città, Hiroshima. Ricordo ancora vividamente quella mattina. Alle 8:15 ho visto un accecante flash bianco-bluastro dalla finestra. Ricordo di avere avuto la sensazione di galleggiare nell'aria.

Mentre riacquistavo coscienza nel silenzio e nelle tenebre, mi sono ritrovata immobilizzata dalle macerie dell'edificio crollato. Ho cominciato a sentire le deboli grida dei miei compagni di classe: "mamma, aiutami. Dio, aiutami".

Poi, improvvisamente, ho sentito delle mani toccarmi la spalla sinistra, e un uomo dire: "Non arrenderti! Continua a spingere! Sto cercando di liberarti. Vedi la luce che passa attraverso quell'apertura? Muoviti in quella direzione il più velocemente possibile". Appena sono strisciata fuori, le rovine hanno preso fuoco. La maggior parte dei miei compagni di classe sono morti bruciati vivi in quell'edificio. Ho visto tutto intorno a me una devastazione assoluta, inimmaginabile.

Processioni di figure spettrali che si trascinavano. Persone grottescamente ferite, sanguinanti, bruciate, annerite e gonfie. Pezzi dei loro corpi erano mancanti. Carne e pelle penzolavano dalle loro ossa. Alcuni avevano in mano i propri bulbi oculari. Qualcuno con il ventre esploso, aperto, con gli intestini che fuoriuscivano. Il disgustoso puzzo di carne umana bruciata riempiva l'aria.

Così, con una bomba la mia amata città è stata cancellata. La maggior parte dei suoi abitanti erano civili che sono stati inceneriti, vaporizzati, carbonizzati – tra questi, membri della mia famiglia e 351 miei compagni di scuola.

Nelle settimane, nei mesi e negli anni successivi molte altre migliaia di persone sarebbero morte, spesso in modi arbitrari e misteriosi, a causa degli effetti a posteriori delle radiazioni. Ancora oggi le radiazioni uccidono i sopravvissuti.

Ogni volta che ricordo Hiroshima, la prima immagine che mi viene in mente è quella del mio nipotino di quattro anni, Eiji – il suo piccolo corpo trasformato in un irriconoscibile pezzo di carne fusa. Ha continuato a chiedere acqua con un filo di voce finché la morte non lo ha liberato dall'agonia.

Per me, è diventato la rappresentazione di tutti i bambini innocenti del mondo, minacciati come sono, proprio in questo momento, dalle armi nucleari. Ogni secondo di ogni giorno, le armi nucleari mettono in pericolo tutti coloro che amiamo e tutto ciò che ci sta a cuore. Non dobbiamo più continuare a tollerare questa follia.

Attraverso la nostra agonia e alla lotta per la pura sopravvivenza – e per ricostruire la nostra vita dalle ceneri – noi hibakusha ci siamo convinti di dover mettere in guardia il mondo da queste armi apocalittiche. Ancora e ancora, abbiamo condiviso le nostre testimonianze. Ma alcuni tuttavia rifiutavano di vedere Hiroshima e Nagasaki come delle atrocità – come crimini di guerra. Hanno accettato la propaganda secondo cui si trattava di "bombe buone" che avevano posto fine a una "guerra giusta". È stato questo mito che ha portato alla disastrosa corsa agli armamenti nucleari, una corsa che continua ancora oggi.
Nove nazioni minacciano ancora di incenerire intere città, di distruggere la vita sulla terra, di rendere il nostro bel mondo inabitabile per le generazioni future. Lo sviluppo delle armi nucleari non significa l'elevazione di un paese alla grandezza, ma la sua discesa alle profondità più oscure della depravazione. Queste armi non sono un male necessario; sono il male ultimo.

Il sette luglio di quest'anno sono stata travolta dalla gioia, quando la stragrande maggioranza delle nazioni del mondo ha votato a favore dell'adozione del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari. Dopo essere stata testimone del peggio dell’umanità, quel giorno sono stata testimone del suo meglio. Noi hibakusha abbiamo aspettato il bando per settantadue anni. Che questo sia l’inizio della fine delle armi nucleari.

Ogni leader responsabile firmerà questo trattato. E la storia giudicherà duramente coloro che lo respingeranno. Le loro astratte teorie non devono più mascherare la realtà genocida delle loro pratiche. Il "deterrente" non deve più essere considerato altro che un deterrente al disarmo. Non vivremo più sotto una nuvola di paura a forma di fungo.
Ai funzionari delle nazioni dotate di armi nucleari – e ai loro complici sotto il cosiddetto "ombrello nucleare" – dico questo: ascoltate la nostra testimonianza. Date retta al nostro avvertimento. E sappiate che le vostre azioni sono importanti. Ognuno di voi è parte integrante di un sistema di violenza che mette in pericolo il genere umano. Facciamo in modo di stare tutti all'erta sulla banalità del male.

Al presidente e primo ministro di ogni nazione del mondo, vi imploro: aderite a questo trattato; eliminate per sempre la minaccia dell'annientamento nucleare.
Quando ero una ragazzina di 13 anni, intrappolata nelle macerie, ho continuato a spingere. Ho continuato a muovermi verso la luce. E sono sopravvissuta. Ora la nostra luce è il trattato di divieto. A tutti in questa sala e a tutti quelli che nel mondo stanno ascoltando, ripeto quelle parole che ho sentito rivolgermi nelle rovine di Hiroshima: "Non mollate! Continuare a spingere! Vedete la luce? Muovetevi verso di essa".
Stasera, mentre marciamo per le strade di Oslo con le torce accese, seguiamoci l'un l'altro fuori dalla notte buia del terrore nucleare. Non importa quali ostacoli dobbiamo affrontare, continueremo a muoverci e continueremo a spingere e a condividere questa luce con altri. Questa è la nostra passione e il nostro impegno affinché' il nostro prezioso unico mondo sopravviva.

(Traduzione dall'inglese di Matilde Mirabella)



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